mercoledì 17 dicembre 2014

Io so, tu no, egli neanche. Noi facciamo, voi tacete, essi complottano

Ogni volta che Benigni porta il suo sciolto corpo in televisione, l'Italia si spacca in due.
Benigni genio! Benigni filosofo! La tv di qualità! Orgoglio italiano!
Benigni ladro! Benigni comunista! Benigni banale! Venti milioni di euro per fargli dire due stronzate e noi a fare la fame!111!!! Nessuno pensa ai bambini???

Ultimamente sono particolarmente incline all'autoanalisi, e questo si riflette in particolar modo nei miei post più recenti, dove è quasi sempre presente la postilla "ammetto di...". Quindi, per non rompere la tradizione, anche stavolta "ammetto di" essere parecchio d'accordo con chi Benigni ce l'ha sul culo. Per quanto non abbia goduto del piacere di gustarmi integralmente la sua filmografia, i capisaldi, i "must see" del gagliardo comico toscano li ho visti tutti. Quindi parlo da ignorante, ma nemmeno poi così tanto.
In ogni caso non mi soffermerò su Benigni, o su quanto trovi insopportabile l'onnipresenza di sua moglie, o il buonismo che trasuda con quel suo ostentato entusiasmo alla Pinocchio nel paese del balocchi che si porta dietro da quando vinse l'oscar, o l'accento toscano che per me è una delle cose più acusticamente irritanti subito dopo la gente che mastica a bocca aperta.

Non mi soffermerò su questo perché oggi voglio dedicare il periodico svuotamento della mia cistifellea a coloro che sprecano fiumi di parole, link, click, share, like, blahblah alle battaglie contro i mulini a vento, fomentati dall'appagante quanto illusoria sensazione che i loro peni si allunghino di due centimetri ad ogni parola scritta in caps lock.

Oggi non esiste più l'essere moderati, in nulla.
Oggi o sei bianco o sei nero, o ami o odi, o Salvini o i barconi, o vegani o "ciao vegani" con annessa foto di grigliata postata sui gruppi pro-veg. O Renzi o Mr Brown, o yin o yang.
Ci siamo capiti, insomma.
E non esiste dialogo, non esiste mediazione, non esiste discutere per -non dico cambiare opinione, maisia!- aprire un attimino le menti, per allargare di qualche centimetro le vedute.

Tutti fieri delle loro idee (?) affannosamente conquistate attraverso anni di millantata esperienza che tu ti chiedi dove diavolo la fanno se passano la vita col culo attaccato alla sedia a scrivere amenità.
Chi sei tu per giudicare? Ignorante! Capra! Razzista! Omoffffobbbbo! Fascista! Comunista!

Mi chiedo, esiste un modo meno cafone e invasivo per esprimere un'opinione? Perché il nuovo trend è quello di sentirsi laureati ad honorem in qualsiasi cosa solo perché si ha il like sulla pagina di Focus o Adam Kadmon?

Perché tutti si sentono in dovere di imporsi sul prossimo, come tanti piccoli profeti del niente?

Non mi stancherò mai di ripetere (e ripetermi) che il "a cosa stai pensando?" di Facebook è una cortese domanda, non un ordine e che nessuno deve sentirsi in obbligo a condividere col mondo ogni peto che viene scambiato per pensiero.





martedì 25 novembre 2014

25/nov/14

Sono giorni un po' strani a casa.
Papà torna sempre tardi da lavoro, non lo vedo quasi mai.
Quando è in casa si chiude delle ore in camera da letto con la mamma, li sento parlare.
Non riesco a distinguere le parole, quello che si dicono. Sento solo le loro due voci, ogni tanto si accavallano. Alle volte loro smettono di parlare e al posto delle loro voci ne sento una metallica, che somiglia a quella della mamma.
Quando finalmente escono da quella stanza, mamma ha lo sguardo basso, le maniche del maglione tirate su fino ai polsi. Mamma di solito tiene sempre gli avambracci scoperti, per fare meglio i servizi, dice lei.
Mamma, che succede? 
Niente,  mi dice. Torna a giocare con le Barbie.

Raggiungo il mio fratellino e ricominciamo a giocare. Io odio giocare con le Barbie, mi piace solo costruire le città: qui c'è il negozio di dolci, qui la fattoria, qui lo studio della veterinaria. 
Poi arriva mio fratello con i dinosauri e Action Man e distrugge tutto. Odio quando lo fa. 
Raccolgo tutti i pezzetti sparsi per il pavimento e ricostruisco, ma i dinosauri tornano e distruggono ancora tutto.
Odio giocare con le Barbie.

E' un periodo che papà ci compra tanti giocattoli. Certo, a casa i giocattoli non sono mai mancati, ma in questi giorni ne arriva uno nuovo quasi ogni giorno.

Sono i giorni prima di natale, a scuola è appena iniziato quel periodo in cui i maestri fanno fare i lavoretti: il ceppo di natale, il centrotavola di natale, il presepe disegnato sulla tavola di compensato.
Quest'anno però il maestro ha deciso che siamo troppo grandi per i lavoretti. Così prendiamo un enorme foglio di carta e ci disegniamo su una città senza casette. 
Il maestro ci spiega che il giorno dopo ognuno di noi disegnerà la propria casetta e la incollerà sulla città con la Vinavil. 
A me piace molto il paesino in cui vivo. Casa mia è marrone, coi balconi rosa e non so perché mi ricorda mia mamma. Quando mi allontano da casa mia, mi giro sempre a guardarla mentre me la lascio alle spalle. 
Nel paese in cui vivo siamo pochi, e ognuno vive in una casetta diversa.

Quella mattina mi sveglio presto. Mi sveglio sempre presto quando a scuola devo fare qualcosa di bello.
Mi sveglio ma mamma non c'è, e nemmeno papà. 
E' strano perché mamma si sveglia sempre prima di tutti.
Sento dei rumori in camera da letto.
Oggetti che cadono, urla, papà che si arrabbia con mamma.

Sono abituata a queste cose, le vedo da sempre.
Mamma dice che papà ha un brutto carattere e che noi dobbiamo avere pazienza. 
Io però non ho pazienza, ho paura.

E ho paura quando sento la porta aprirsi e vedo mamma uscire.
Pallida, con un rivolo di sangue che le esce dal naso, un altro dalla bocca.
Lividi sulle braccia, sul collo, sugli occhi.

E piango. Non posso fare altro.
Piango e mi odio perché so che quello che ha fatto male a mia mamma è il mio papà.
Ho nove anni, devo stare al posto mio.

Lo vedo uscire dalla stanza, pallido, labbra serrate.
Lo guardo e mi chiedo perché.

Oggi non vado a scuola.

I giorni passano, a casa va sempre peggio. 
Ormai la routine è: papà torna, si mangia in silenzio, mamma e papà si chiudono in una stanza e lui grida, la minaccia, la insulta.

Mamma è sola.
Papà non vuole che abbia amiche e mamma le ha allontanate per stare con lui.

Mamma ha bisogno di aiuto, non sa con chi parlare.

Andiamo dai carabinieri, lei piange e fa vedere i lividi.
Ci raggiunge papà e il carabiniere dice "dai, fate pace". 
Mio padre dice che sì, ora va tutto bene, è stato un momento.
Il carabiniere ci dice "se succede di nuovo chiamateci".
Certo, sarà fatto. Arrivederci e grazie.

Mamma ha ancora bisogno di aiuto.
Quel pomeriggio andiamo a scuola, mamma ha appuntamento coi miei maestri.

Sua figlia è strana.

Non segue.

Non mangia.

Non parla con nessuno.

Non studia.

Si morde i polsi fino a farli sanguinare.

Perché?

E mamma si chiude in un'aula coi maestri e parlano.
Perché mi lasciano sempre fuori?

Dopo un po' esce il mio maestro con gli occhi lucidi e mi porta davanti al cartellone con le casette incollate dei miei compagni.

Dov'è la tua casetta?
Non c'è.
Perché no?
Quel giorno non sono venuta a scuola.

Papà va via di casa per qualche giorno, dice che ha un'altra donna.
Chiama di notte, dice che ci ucciderà.
Torna a casa, ha portato dei regalini per me e mio fratello.
A me ha portato una spada rosa che si illumina. Un giocattolo orribile, preso per due spiccioli da qualche ambulante.
Non mi conosce affatto, a me non piacciono le spade.
Ma è rosa!
Ma mi fa schifo lo stesso.


Papà torna a casa.

Routine.


Flashforward.


25 novembre 2014.

giovedì 20 novembre 2014

io amo Lory Del Santo: recensione di The Lady -ep.1



Il primo passo per superare un problema, si sa, è ammetterlo.
Ammetto di aver sempre avuto problemi nell'ammettere di avere un problema, il che -se ci pensi- è un primo passo. O un embrione di primo passo. Un passettino, un saltino, una piroetta, un qualcosa che mi permette di fluttuare nei pressi di una soluzione.
Il fatto è che ogni volta mi dico "smetto quando voglio", ma poi puntualmente ci ricasco.

Ho cercato aiuto, ci ho provato mille volte, ma il seme del vizio e della dipendenza è talmente radicato in me che ogni mio tentativo si rivela fallimentare, in tempi da record.

Che poi, a dirla tutta, la colpa è della società.

Sì perché se io cerco di uscire dal loop dei video imbeidioti e YouTube puntualmente mi mette tra i "consigliati" le compilation dei cani colpevoli (i miei video preferiti in assoluto),  io divento impotente.

Ma tutti hanno il diritto di sognare una vita migliore, per questo quando per la prima volta mi è giunta notizia di una web-serie firmata Lory Del Santo la prima cosa che ho fatto è stata non pensarci.
Ignora la tentazione.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
O almeno così credevo.

Sì perché con internet le storie d'amore non finiscono mai.

E' come quando lasci qualcuno. Lo elimini dagli amici, lo blocchi, ma puntualmente un tag, una fotografia, un like messo ad un amico in comune tornano come tante spine di cactus a trafiggere il tuo cuoricino che credevi guarito, rigettandoti nel fiume in piena dei ricordi, che tanto meticolosamente avevi arginato con mattoncini fatti di buona volontà, self control e amor proprio uniti da quella magica colla che è il tempo.

Dicevo, internet è un memento continuo. Un perenne post-it di Francesco Sole che ti ricorda chi sei stato e chi probabilmente sei ancora.

E io sono un'amante delle cose senza senso. Un'amante del trash, una collezionista di altrui vergogne, una cacciatrice di casi umani.

Ed è dunque così che, dopo giorni di strenua resistenza, la vostra cara affezionatissima ha ceduto all'ennesima tentazione -complice l'infame cancellazione di tutti gli episodi di Sogni D'Amore- e si è concessa il peccaminoso click.

Siccome il motto di questo blog è "happiness is real only if shared", ho deciso di pubblicare qui delle mini recensioni-analisi che mi permettano di sfoggiare con tracotanza la competenza da (quasi) Dottoressa in Lettere, curriculum Cultura Teatrale, faticosamente acquisita in tr...coff coff...quattr...coff coff, anni di triennale.


THE LADY - l'amore sconosciuto

Episodio 1:


E' chiaro, sin dal primo fotogramma, che la protagonista incontrastata di questa perla del cinema homemade è una donna - come del resto era intuibile dal titolo stesso dell'Opera-, e che questa donna vive il tormento di un animo inquieto che tende a palesarsi quando questa si trova, vestita solo di pizzi e della sua sensuality, su uno dei numerosi balconi di uno a caso dei suoi numerosi palazzi.
Non sappiamo chi sia, cosa faccia (cosa che non sapremo con certezza essenzialmente MAI) o come si chiami. L'episodio inizia e noi veniamo catapultati nel primo dei numerosi flussi di coscienza di The Lady, in un filosofico battesimo di sangue:

"Ho sempre avuto paura di vivere. Ho toccato il confine del dolore, ma ho anche avuto il coraggio di combattere"

Dopo questa ammissione di forza, una serie di scene che, tra marchette a Louis Vuitton, a Chanel e inquadrature a poppe, culo, poppe e ancora culo, ci aiutano a entrare ancora più a fondo nel complesso personaggio di The Lady. 

Durante la lunga ed ostentata scena della vestizione, un primo inquietante dettaglio ci scaraventa crudelmente in quello che è il vero tema della serie: il dramma dell'inquietudine. Infatti, uno specchio cade e si frantuma ai piedi della Lady, senza un apparente motivo, facendola sensualmente trasalire.

Seguono due minuti e passa di scene ridondanti in cui essenzialmente The Lady passa da una camera all'altra vestendosi con gattamortaggine ostentata, facendomi partire in automatico il confronto con me stessa e con il mio modo di affrontare una nuova giornata: la Lady con la borsa Vuitton, io con lo zaino preso a 15 euro da Accessorize; lei con lo Chanel N°5  che si nebulizza sensualmente contorcendosi tra lenzuola di seta, io col Neutro Roberts; lei che si affaccia in lingerie e ammira la skyline di Milano, io che tiro su la tapparella della mia finestra e ammiro il quartiere Libertà; lei che si pompa con frasi cazzute tipo "ogni giorno affronto il mio destino, ma non mi lascerò corrompere!", io che partecipo a involontarie ice bucket challenges sotto la doccia e nomino Gesù Cristo e la Madonna.
D'altronde, se lei è una Lady e io sono io, un motivo ci sarà.

The Lady esce dal suo grattacielo e subito scopriamo che, nonostante l'aria da dura e le frasi alla io-basto-a-me-stessa, la nostra La Signora fa parte di quella schiera di donne che ritiene ancora che la più sincera forma di complimento sia l'erezione maschile.
Circondata da manzi palestrati più o meno inquietanti - da notare la presenza di un tamarro sfregiato che la spia in modo tutt'altro che discreto accucciandosi dietro colonne e muretti come se partecipasse a una versione adulta di nascondino-, The Lady si fa scorrazzare in auto per fare essenzialmente il giro dell'isolato.
Notevole il breve dialogo col suo tamarro-autista:

"Devo vedere un amico al palazzo dei congressi, mi ci porti."
"Signora, per lei farei qualsiasi cosa"
"Il suo english humor non la lascia mai!"

Dopo un brevissimo tratto in auto fatto di sguardi spermatici del suddetto autista, The Lady scende e incontra il suo amico, che le dice immediatamente di amarla, ricevendo in risposta un "sei molto sexy, voglio tenerti nella mia vita". Che sia questa un'analogia col personaggio realmente esistente della stessa Lory, notoriamente attratta dai toy-boys?

Scopriamo subito che lo sfregiato non è l'unico stalker della Lady: infatti, in sella alla sua moto, ecco spuntare uno dei volti simbolo della mia adolescenza, ovvero l'ex tronista Costantino Vitagliano.

Ricordo i bei tempi in cui partecipai a una festa di compleanno il cui tema era "Costantino e Daniele": i loro unti corpi erano stampati sulle tovaglie, sui fazzoletti, su piattini e bicchieri e, ovviamente, sulla torta. Un paio di ragazze si presero a ceffoni e si tirarono i capelli per accaparrarsi la parte di ostia con la faccia di Costantino, snobbando quell'altro, come se mangiandolo avrebbero acquisito la loro forza vitale, un po' come gli indiani che bevevano dai crani dei loro nemici. Ma vabbe, sto divagando.

The Lady e il suo amico fanno quattro passi, lui la ferma e parte un altro dialogo pregno di senso:

Amico: Lona, hai dei viaggi in programma?
The Lady: Sì, Capri. Devo andare per seguire un servizio fotografico: una campagna di costumi da bagno. Poi mi fermo a Napoli per incontrare un nuovo cliente, e poi Parigi!
Amico: Lona, ma che cos'è l'amore per te?
The Lady: Frammenti di tante emozioni. Dai andiamo che faccio tardi

Cambio scena, ufficio.

Un improbabile servo cingalese annuncia un non meglio identificato "uomo" alla segretaria cozzala di Lona.
L'uomo misterioso entra: pantalone bianco, camicia aperta a mostrare il petto di pollo, capello stirato e mechato con annessi occhiali da sole specchiati modello saldatore.
Capiamo che i due sono fidanzati ("cosciotta mia, come ti desidero" dice lui in preda a un vento di erezioni) e li vediamo amoreggiare in ufficio, dimenandosi come talpe cieche a ritmo di un'adattissima samba di sottofondo.

Dopo quattro secondi netti di strusciamento, intuiamo il vero motivo della visita del trucidino: 
Trucidino "la signora c'è?"
Segretaria "no, è in viaggio"
Trucidino "ah ok, ci vediamo"
E sparisce nella notte.

Una successiva misteriosa telefonata tra la segretaria e la Lady ci fanno capire che c'è qualcosa di top secret nell'aria.

Proprio mentre penso che il mio cuore non può reggere altro mistero, ecco un'altra scena Madre:
Il trucidino esce e incontra un suo amico, che altro non è che un espediente narrativo per permettere al suddetto trucidino di svelare il suo piano malvagio nonché le sue reali intenzioni, in una specie di villain song senza song targata Del Santo:

"sono indaffarato, ma non più di tanto. Sto curando la mia fidanzata. [...] compiace i miei istinti animaleschi, diciamo. Ma ti faccio una confidenza: lei per me è solo un gioco, io voglio la sua boss, la Lady [...] e per inciso, non ho scrupoli."

I due si congedano.

The Lady torna a casa e trova Costantino - che qui si chiama Luc- che, senza troppi giri di parole, l'afferra e la scuote, accecato dalla gelosia.


"Voglio farti vedere cos'è un vero uomo, DEVO METTERTI IN RIGAAAA!"

Lona si tocca la guancia sensualmente, ad attenuare il dolore di uno schiaffo che non ha mai ricevuto.


"Talvolta nella vita, si paga di più per quello che non si è commesso"

Cambio scena, palestra.

Ormai abituati all'uso indiscriminato di personaggi secondari utilizzati come espedienti narrativi per raccontare cose che altrimenti avrebbero tolto pellicola a poppe, culo, tette e chiappe; assistiamo a un breve ma conciso racconto della background story di Lady ad opera di un pompatissimo personal trainer: 
"suo marito è scomparso nell'Oceano col suo aereo privato. Era ricco sfondato, però non hanno mai trovato il corpo! (chi dice che il misterioso marito scomparso tornerà inaspettatamente nelle prossime puntate alzi la mano) Tanti misteri la circondano, è una leggenda. Un passato top secret e un futuro molto complesso."


Inutile scena in cui a The Lady non prende il digitale terrestre

Segue telefonata tra Luc e Lona, in cui lui inizialmente gioca la carta del "fingiamo che ieri non sia successo nulla" esordendo con un "ciao amore!", ma subito dopo comprendiamo le dinamiche complesse che vigono all'interno di questa coppia:
lui non ha un lavoro, lei lo stravolge.
A lei piace flirtare con gli uomini, lui dovrebbe arrendersi e accettarlo.
Lei non lo tradirà mai, ma vuole sentirsi libera di troieggiare.

"tiri fuori la bestia che c'è in me" dirà, il povero Luc.

Inutile scena in cui gli autisti sognano un improbabile futuro da vips.

Cambio scena: immancabile terrazza con Lona e generico uomo d'affari che parlano appunto di affari:

"ho calcolato che con questa operazione possiamo guadagnare un'abnormità di soldi"
Fine del colloquio.

Cambio scena: le cosce incremate di Natalia Bush, che qui interpreta Charlotte, la best friend della Lady.

"che destino, mi innamoro sempre degli uomini sbagliati"
"ehhh allora deduco che per innamorarsi gli uomini deveno essere sbaliati!"
"AHAHAHAHAHAH! Hai un grande senso dello humor"

Ancora una volta, Lona, dimostra di non avere la minima idea di cosa sia lo humor.

Scena finale in cui i due autisti riflettono su quanto sia problematica la lovestory tra Lona e Luc e sottolineano il fatto che lei viva in un "grattascielo" tutto suo.

Fine prima puntata.







mercoledì 12 novembre 2014

con ogni probabilità sto per morire e quindi, miei lettori, vi lascio questa pesante eredità

tutto è cominciato quando ho deciso di cambiare smalto.
dopo tre giorni di azzurro cielo, volevo qualcosa di più autunnale: un grigio, un tortora, un fango, un marrone. Sì, un dannatissimo marrone.
ho notoriamente un problema con gli smalti marroni: ogni volta che li metto mi viene una tremenda e implacabile voglia di cioccolata. Davvero, è più forte di me. Vedo quel bel marrone denso e corposo sulle mie unghie -che faticosamente hanno riguadagnato una lunghezza dopo mesi di smangiucchiamenti dovuti ai miei psicodrammi- e mi parte in testa la sigla del ciobar.
ora, fin qui tutto normale e risolvibile, se non fosse per due piccoli ostacoli:

1) sono vegana, ergo la maggior parte delle cioccolate esistenti sul pianeta mi sono vietate
2) sono allergica alla frutta secca, e questo esclude quella minima parte di cioccolato sul quale - teoricamente -potrei mettere le grinfie.

sono dunque condannata a condurre un'esistenza priva delle gioie dell'ossitocina o più poracciamente del cacao?

probabilmente sì, e non sarebbe neanche male considerando che teoricamente starei seguendo una tristissima dieta a base di seitan, cous cous, verdure, privazioni e dolore.

però, come diceva Oscar Wilde, posso resistere a tutto tranne che alla cioccolata quando indosso uno smalto marrone.

mi sono dunque prodigata nell'affannosa ricerca di cioccolato in casa mia, con scarsissimi risultati.
ma proprio mentre ero sul punto di collassare, gettarmi sul pavimento e piangere bestemmiando in cinese, noto in frigo una tavoletta di cioccolato vegan. Una di quelle barrette di fondente amaro come la vita che costa un occhio della testa perché prodotto in brasile da contadini provenienti da una delle ultime comunità azteche ancora esistenti e che utilizzano l'antica tecnica di raccolta delle fave di cacao mentre cullano macachi e cantano canzoni d'amore e speranza ai cuccioli d'elefante. Roba bio-eco-ethic-equosolidale insomma.

Frettolosamente leggo gli ingredienti, alla ricerca dell'inghippo che, puntuale come un post razzista di Salvini, infrangerà miseramente i miei libidinosi sogni a base di cioccolato:

Può contenere tracce di latte, mandorle, noci, nocciole, frutta a guscio.

Che dire.

In questi momenti, l'unica cosa da fare è rivedere un attimo le proprie priorità:
meglio un piacere effimero e passeggero che probabilmente mi porterà -nel migliore dei casi- a riempirmi di bolle e a gonfiarmi come un rospo o -nel peggiore- a morire di un'orribile morte per soffocamento; oppure mi conviene riporre la stecca di cioccolato e tornare a studiare per l'esame di linguistica generale che ho tra meno di un mese e del quale ho visto sì e no il primo irrilevante capitolo (ovvero quello sui bonobi che a quanto pare usano le loro basilari abilità comunicative per procacciarsi vagina, un po' come hanno fatto -o tentato di fare- la maggior parte dei maschi che si sono parati sulla mia strada)?

In un primo momento, decido di optare per la seconda.

Come tutti i miei buoni propositi, anche questo si è sfracellato contro il muro della mia viziosità nel giro di pochi minuti ed eccomi qui a scrivere essenzialmente il mio testamento (anche perché mio fratello ha detto che qualora dovessi star male non chiamerà i soccorsi perché sono una stupida scema che non sa tenere a bada il suo stomaco.):
tanto per cominciare, a mio fratello non lascio un cazzo di niente così impara a non eventualmente soccorrermi.

Detto questo, sono passati svariati minuti da quando ho mangiato quel singolo quadratino di eco-bio-veg cioccolata, quindi direi che sono abbastanza fuori pericolo, ergo trovo inutile continuare a scrivere il mio testamento.

Giusto così, per ogni evenienza, sappiate che voglio donare tutti i miei organi tranne la vescica -dal momento che ha la capienza di quella di un Chiuaua e quindi temo sarebbe molto poco utile- e le tette, perché quelle le amo e le voglio con me per sempre.




sabato 4 ottobre 2014

Simpatico manuale illustrato sulle cose da evitare durante il corteggiamento telematico

Uno degli effetti collaterali più fastidiosi della debacle della socialità vis-à-vis è quella specie di rito iniziatico che tutti -attivamente o passivamente- devono prima o poi sperimentare: il corteggiamento telematico.

Non farò la nostalgica dicendo che erano belli i tempi in cui ci si incontrava, ci si scambiava il numero, si aspettava lo squillo, si rispondeva con un altro squillo e dopo il canonico "che fai?" si cazzava tutti i cento SMS dell'Infinity parlando essenzialmente di fuffa per poi vedersi, slinguazzare etc etc. NOPE.

Ora la situazione tipo è: incontri uno/a e chiedi "come ti chiami?" "Gianbembo" "Sì, ma di cognome? Cioè, come ti chiami su Facebook?".

C'è stato un periodo in cui sono stata fermamente convinta della tristezza della cosa, ma mi rendo conto che i tempi sono cambiati, che in fondo siamo tutti dei timidoni e che alla fine Facebook è lo strumento più utile per una prima scrematura. Perché è vero che quando sei single il mondo diventa il tuo buffet personale, ma è anche vero che nel buffet trovi i panzerotti surgelati, i tramezzini al tonno con la maionese del Lidl che immancabilmente uscirà da dove è entrata a fine serata e le tartine smangiucchiate e rimesse furtivamente nel vassoio. E per esperienza personale garantisco che non sempre la qualità del buffet dipende dal ristorante in cui è allestito. Nessun luogo è una garanzia, sappiatelo miei prodi.
Personalmente, uno dei miei hobby è viaggiare nel tempo attraverso le Timeline (solitamente non riesco ad andare oltre il 2009, per ovvie ragioni) e scovare foto improbabili, status imbarazzanti e condivisioni compulsive. Per farsi un'idea, diciamo. Certo, è anche vero che spesso l'opera di stalking convulso toglie un buon 80% al brivido della scoperta, ma è anche vero che se il tipo col quale sto inciuciando è fan di Ligabue io voglio saperlo subito e regolarmi di conseguenza. Inoltre, se durante la sfavillante epoca degli sms qualche "Ke" era giustificabile dal limite dei 160 caratteri, qui non ci sono scuse. Un "ke fai?" non è ammissibile, a meno che tu non abbia 13 anni e non ascolti Fedez.

E questo è il primo assioma. Controllare con chi si ha a che fare, sempre e comunque.

Ora, la fase più delicata. L'approccio. Contattare una persona appena conosciuta su un social network non è mai una cosa semplice e mi rendo conto che probabilmente in quanto donna la vita potrebbe essere leggermente più semplice per me, dal momento che solitamente per noi vaginomunite è sufficiente sedersi sulla sponda del fiume e aspettare che passi qualche bella trota.

Ecco dunque un breve vademecum con gli errori più comuni da evitare durante la delicatissima fase dell'approccio telematico.


WARNING: Ho utilizzato alcuni screenshot esemplificativi provenienti dalle conversazioni più recenti che ho intrattenuto con esemplari di maschio d vario genere. Ho opportunamente censurato i nomi e le foto profilo, ma qualora qualcuno di questi soggetti dovesse sentirsi offeso, basterà un cortese messaggio privato affinché io rimuova l'immagine incriminata. Detto ciò,

LET'S START!


Dicks in my (in)box

Per qualche minuto ho riflettuto su quanto potesse essere opportuno e decoroso fare un collage con le  foto degli ignoti falli che spesso e volentieri fanno capolino nella mia casella di posta. Ci avrei messo impegno disegnando su ogni fava un cappellino, degli occhialetti e magari un paio di baffoni da messicano, ma poi ho pensato che sarebbe stato uno sbattone eccessivo e che, per quanto camuffati, restano pur sempre cazzi e questo, si sa, è un blog di un certo rango.
Vorrei comunque cogliere l'occasione per consigliare ai maschi alpha che saltano i noiosi preamboli e passano subito al sodo di evitare di includere nelle fotografie oggetti o le vostre stesse mani che creano unità di misura e a meno che non siate Gianni Morandi...diciamo che non sempre date una bella immagine di voi, dai.


Paroloni, onorificenze e leccate di culo


Una delle cose che trovo più irritanti sono le sviolinate, i complimenti senza senso, i "ma che onore/sono onorato" tre secondi netti dopo che la tipa accetta la richiesta d'amicizia e l'uso smodato di un linguaggio ricercato e maccheronicamente aulico in un contesto decisamente poco adeguato a tal sfoggio d'erudizione. Capisco il voler fare colpo, ma no.  Non sono la principessa sul pisello e non voglio essere trattata come tale. Evita i toni eccessivamente lusinghieri. Non sembri colto, sembri disperato.



Hai degli interessi interessanti


Sì, lo so.
E so anche che se a te piace passare i tuoi pomeriggi a fare decoupage e io lo trovo noioso, mai nella vita ti chiederò di parlarmene perché non me ne frega una cippa. Gradirei lo stesso trattamento, thanks. Perché farmi sprecare tempo prezioso facendomi parlare dei colori per facepainting della Snazaroo se nel frattempo la tua unica occupazione è contare i minuti per snocciolare un "quando ci vediamo per un caffè?" che sembri il più disinvolto e disinteressato possibile? I giochini, i falsi interessi in comune, la fintissima curiosità nei confronti di uno o più aspetti della vita dell'altro sono quanto di più sbagliato possa esistere e sicuramente, per quel che mi riguarda, la cosa che più mi fa imbestialire.

Qui aggiungo una sottocategoria: quelli che mi chiedono di essere dipinti. Ci tengo a precisare che quello che faccio non ha nulla di sensuale e che se v'immaginate una scena alla Titanic ("paint me like one of your french girls") siete decisamente fuori strada. Quando dipingo me stessa divento isterica, quando dipingo altra gente divento Belzebù. Se poi mi chiedi di dipingere la faccia di tua zia (e sì, è successo davvero), figlio santo davvero non ho commenti. Cioè ci sto pensando da un sacco a una cosa intelligente e acuta da dire su questa cosa, ma no. Cioè no.





Quanti anni hai?

Dai, non prendiamoci in giro. Sappiamo entrambi che ti sei spulciato il mio profilo. Non puoi farmi una domanda così banale. NEXT.


"Quando posso offrirti un caffè?" e tutte le sue varianti



Obiettivamente, è il modo più semplice di cavarsela (anche se ogni tanto mi piacerebbe sentirmi dire una cosa tipo "quando posso offrirti una mangiata colossale al tuo ristorante giapponese preferito?", ma ahimè l'uomo della mia vita, nonché padre dei miei figli deve ancora farsi vivo).
Per ora ho solo rimediato il più tirchio del mondo (che ha avuto l'ardire di propormi un bicchiere d'acqua) e un tizio giapponese che dopo avermi chiesto "l'impatto della seconda guerra mondiale" (?) mi ha proposto di andare a mangiare insieme, al mio arrivo in Giappone, in un ristorante italiano gestito dalla mafia (notoriamente garanzia di qualità) a Osaka. Che devo dire, grazie




L'insistenza



C'è bisogno che lo dica? Davvero? Se non ti rispondo, non ti rispondo. Punto.







lunedì 25 agosto 2014

[!!!V.M.18!!!] Perché non vai ammmàre? -lista di ovvietà e rivelazioni sconcertanti-

Ogni volta che un barista/ristoratore/commerciante mi lascia utilizzare il bagno del suo locale senza che io abbia acquistato nulla, torna a splendere nel mio cielo costellato di sconforto e male di vivere la fiducia nel genere umano.

Una cosa che invece me la fa perdere totalmente, è la gente che mi chiede "perché non vai a mare?" e quella che non comprende un concetto elementare come: ho la pelle chiara, mi ustionerei anche se portassi il burqa o non accetta il fatto che l'andare "ammmare" possa non piacere.

Davvero, è così essenziale diventare più scuri d'estate? Capisco che magari il mio colorito quasi trasparente possa far pensare a una persona non sana e con uno o più piedi nella fossa, ma non capisco perché sia così complicato accettare il fatto che a qualcuno il mare, il sole e l'abbronzatura possano non piacere. Sarà che vivo in una città "di mare", ma qui persiste la medievale convinzione che se non vai in spiaggia automaticamente non ti godi l'estate e quindi vai di facce spaesate di chi mi guarda con compassione perché "non so cosa mi perdo" e chi è convinto che non voglia andare a mare per nascondere qualche deformità fisica tipo una terza tetta o il marchio di Satana che ho sull'anca sinistra.

Ecco dunque una lista di motivi per i quali ODIO ANDARE A MARE:

1) Mi ustiono sempre e comunque: sì, anche con la protezione totale. Anche col dannato cappellino. Anche stando in acqua (addirittura dopo il bagno -che è l'unica cosa che reputo tollerabile dell'andare a mare- la situazione peggiora drasticamente). Anche con la t-shirt. Anche restando sotto l'ombrellone a riempire a casaccio le caselle del Sudoku perché non lo so fare.
Nel lontano 2010, andai in Grecia con alcuni amici per il viaggio della maturità. Tutto il mio arsenale di creme solari, t-shirt, ombrelloni, occhiali, cappellini e affini non m'impedì di tornare a casa piena di bolle e vesciche. E NO, non è questione di abitudine, dato che in pole position tra le cose imbecilli che mi sento dire da 23 estati c'è l'evergreen "eh ma se vai ogni giorno ti abitui e ti abbronzi".
NO, NO, NO, NO E POI NO. Per dodici dannati anni della mia vita ho passato le mie estati in un dannato villaggio turistico (OVVERO TRE MESI DI SOLE PIENO) e al massimo sono tornata a casa con le guance leggermente arrossate. Sì perché la mia abbronzatura conosce solo due fasi: la fase Casper (ovvero la mia condizione normale) e la fase Dr Zoidberg in cui divento rossa fuoco e non posso muovermi per giorni. La fase Zoidberg dura poco, poi torno alla fase Casper. Non esiste e non è mai esistita per me una fase intermedia, una fase "leggera doratura stile petto di pollo Amadori". 

2) Non sopporto il sole: a costo di risultare ridondante, mi sembra giusto specificarlo. A te piace stare tre-quattro ore di fila sdraiato a farti accelerare l'invecchiamento cellulare nei raggi UV? A me NO. Odio il caldo, MI BRUCIO (sì, è giusto dirlo ancora una volta). Aggiungo anche la postilla "viaggi di andata/ritorno": che siano percorsi a piedi, in macchina o in autobus, il caldo sarà sempre insopportabile. Della serie, mi passa la voglia di andare in spiaggia ancor prima di arrivarci.

3) Odio la sabbia: se avessi voluto diventare una cotoletta, sarei nata maiale o pollo.



4) Odio anche gli scogli: sono scomodi.

5) Odio l'odore della pelle altrui mista a quelle dannate creme solari: sole=> sudore => puzza.

6) Vivo nel costante terrore di urtare qualcuno inavvertitamente e restarci incollata

7) Bambini: urlano, lanciano la sabbia, tirano gavettoni, esistono.

8) "moh signorina, tutto tu te lo sei preso il sole": non perché io sia una figa spaziale, ma in costume attiro decisamente l'attenzione dal momento che rifletto la luce. La gente non ci crede finché non lo vede e quando lo vede nel migliore dei casi mi fissa come se stesse guardando un qualcosa di inspiegabile, altrimenti si cimenta in battutine e soprannomi originalissimi e che non sono assolutamente abituata a sentire da appunto 23 anni quali "mozzarella", "ricottina", "tintarella di luna" et similia. I più cosmopoliti mi chiedono se sono italiana, il più originale mi chiese preoccupato se avessi un "principio di albinismo". Mamma oggi sono un po' pallida, non è che mi sta venendo l'albinismo?

9) Non mi piace l'abbronzatura: sebbene non sia un mio problema dato che -come detto più e più volte ma non lo dirò mai abbastanza- NON MI ABBRONZO, preferisco di gran lunga una pelle diafana a una grinzosa, sudaticcia e abbronzata.

10) Odio le scarpe aperte e non ci so camminare: sono più disinvolta su un tacco 12 che su un paio di infradito.

11) Da vecchia sarò bellissima: il sole invecchia la pelle, ergo io resterò per sempre giovane e bella e a ottant'anni potrò spacciarmi per quarantenne e avere tutti i toy boy che voglio. Ci vediamo tra sessant'anni, bitches!

sabato 16 agosto 2014

BATZILLA

Ho trovato il supereroe definitivo e mi sembrava giusto eleggerlo mascotte/guardiano silenzioso del mio blog perché sì


lunedì 4 agosto 2014

Lista di persone dalle quali diffidare

- quelli che scrivono con la penna blu piuttosto che con quella nera
- quelli che preferiscono i gatti ai cani
- i chitarristi
- quelli che preferiscono la crema al cioccolato
- quelli che ti chiamano "piccola" convinti che sia una cosa tenera
- quelli che hanno un blog
- quelli che in chat ridono con "ihihihihih"
- quelli che entrano nelle gelaterie raffinate e prendono gusti plebei come nutella o stracciatella
- quelle (in questo campo la mia esperienza si limita solo a soggetti di sesso femminile) che si scambiano mutande/reggiseni/infradito con le amiche manco fossero figurine dei Pokémon
- quelli che ascoltano Giovanni Allevi o Yiruma
- quelli che si rivolgono a Facebook come se fosse una persona in carne e ossa
- quelli che non hanno mai giocato a Pokémon
- quelli con la nuova 500
- quelli che mangiano il riso col cucchiaio
- quelli che pubblicano convulsivamente sui social annunci di cani smarriti/feriti/pestati
- quelli che riprendono i concerti interi coi cellulari
- quelli che "mandalo a 10 persone o stanotte ti appare una bambina mostro e ti uccide"
- quelli che guidano automobili col cambio automatico
- quelli che nella vita non hanno mai visto un cartone animato farlocco della Stardust
- i fumatori
- quelli che possiedono una Smart
- quelli che "so cosa provi/stai passando" sempre e comunque
- quelli che "gli animali sono meglio delle persone"
- quelli che "ci vorrebbe una bomba in parlamento"
- quelli che #stopbombingGaza e si sentono attivisti in pace con la coscienza
- quelli che fanno corsi di teatro
- quelli che tengono corsi di teatro
- quelli che usano "kawaii" nel linguaggio comune
- quelli che devono andare "ammmmare"
- quelli che "sono esattamente come te"
- quelli che "io sono diverso/a"
- quelli che "le donne/gli uomini sono tutte/i uguali" e poi non sanno stare soli

- quelli che fluttuano felici della vita come i fiocchi di neve tutti speciali che sono convinti di essere
- quelli che hanno la presunzione di ritenere che i comuni mortali abbiano bisogno di un manuale d'istruzione per capirli
- quelli che "questo posto è troppo piccolo per contenere il mio genio"
- quelli convinti di essere il prossimo Buddha
- quelli che vivono aspettando l'estate
- quelli che amano il Natale
- quelle che hanno il ciclo e quindi possono dire/fare qualsiasi becerata senza subire ritorsioni perché "oh sto nervosa"
- quelli che trombano e lo dicono subito all'amico/a, come se fosse vitale sapere che ha fatto il tagliando al pene/vagina
- quelli che si fanno l'aftersex
- quelli che si fanno le foto nel bagno con gli occhiali da sole
- e anche quelli che se le fanno senza
- quelli che a S.Valentino vanno a cena fuori
- quelle che da bambine a carnevale si vestivano da Sailor Moon
- quelli che fanno cosplay
- quelli che ordinano sempre e solo la pizza margherita
- quelli che o ascolti Vasco o Ligabue
- quelli che ascoltano Vasco e Ligabue
- quelli che ascoltano Povia
- quelli che credono alle scie chimiche
- (mi sono ripromessa di non parlare di politica su questo blog...)
- quelli che nascondono l'ultimo accesso su Whatsapp per sentirsi vippppps. Magicabula, chittesencula, bibidibobidibù
- quelli che almeno una volta nella vita hanno scaricato loghi/suonerie in abbonamento da Jamba
- quelli che danno il buongiorno e la buonanotte a Facebook
- quelli che nominano perennemente l'ex
- i boyscout
- quelli che usano la parola "puccioso"
- quelli che "lavarsi troppo fa male"
- quelli che stanno perdendo i capelli ma non lo ammettono e s'inventano modi improbabili per nasconderlo
- quelle che amano le nail art
- quelli che dicono "dieceuro"
- quelli che hanno problemi col congiuntivo
- quelli che usano paroloni per far sembrare meno mediocre la loro mediocrità
- quelli che ostentano turbe psicologiche
- quelli che dormono a pancia in
- quelli che non trovano le mucche adorabili
- quelli che "ti va un caffè?"
- quelli che guardano Colorado e lo trovano divertente
- quelli che guardano Sanremo solo per criticarlo su twitter autoproclamandosi esperti di musica. Mecojoni.
- quelli che vivono per l'Università
- quelli che vivono nell'Università
- quelli che all'Università non ci vanno mai
- quelli che sono iscritti a Lettere a oltranza
- chiunque faccia parte di un qualsiasi fandom
- chiunque si senta toccato personalmente da questo post, ignorando il fatto che io stessa faccio parte di alcune di queste categorie e che ho il ciclo

mercoledì 23 luglio 2014

Un altro post dettato dall'insonnia ovvero, studio antropologico sulla fauna che vive sotto casa mia [Corso Mazzini's Tales #2]

Sono le quattro del mattino.
Tanto per cambiare non ho chiuso occhio mezzo secondo, nonostante pillole, tisane, calmanti, camomille e la playlist dei suoni della natura su Spotify.

In notti come queste, dove non posso nemmeno distrarre me stessa dalle questioni fondamentali della vita utilizzando scialbi alibi come il clima - che in questi giorni per mia gioia è particolarmente fresco-, l'unica cosa intelligente da fare è porsi delle domande.

Chi sono?

Da dove vengo?

C'è vita nell'Universo?

Perché nessuno dei miei vicini tira fuori una rivoltella e fa una strage di quei mentecatti che passano la notte a cantare Ragazza di Periferia (sempre la stessa strofa, per giunta) esattamente in corrispondenza del mio balcone?

So di essere troppo piccola e stupida per certe Verità, ma in un mondo dove ci si prende a pistolettate per un parcheggio, la privazione del sonno mi sembra un motivo più che valido per gambizzare qualcuno.

In ogni caso mi fa piacere constatare che la piccola fauna di cozzali* che vive perennemente accampata sotto casa mia abbia subito in qualche modo gli effetti benefici dell'evoluzionismo darwiniano.
Dopo l'inevitabile cambio della guardia (la vecchia generazione è quasi tutta in carcere o tre metri sotto terra,  il testimone è passato ai cozzali 2.0), la fauna si è organizzata al meglio per passare queste belle serate estive senza annoiarsi mai e soprattutto nel totale rispetto della quiete pubblica.

Generalmente, le cozzal-night hanno inizio a mezzanotte, con la rituale gara di rutti.
Non sono rutti normali, no. Sono ruggiti di leoni, di giaguari, di dragoni. Roba allucinante in grado di svegliarti, in grado di farti vivere nel dubbio di avere qualcuno di questi individui in casa. E' roba inumana e io non posso che genuflettermi col capo cosparso di cenere e il cilicio alla gamba. Maestri, insegnatemi.
Se io sapessi ruttare in quella maniera sarei invincibile.
Con un rutto simile zittisci chiunque. Passi col rosso, vinci scommesse, segnali incendi, salvi vite.

Un altro bizzarro rituale al quale però non sono ancora riuscita a dare un significato, prevede l'utilizzo dei bidoni dell'immondizia. Non mi è chiaro se vengano usati come bersaglio per il lancio di qualcosa (caschi? sedie? mobili? bambini?) o se i cozzali ci vadano tipo a sbattere la testa volontariamente per dimostrare il loro predominio e nominare il maschio alpha. Della serie: chi sopporta più craniate vince. E segretamente spero che sia proprio così.

Altro rituale immancabile è la gara di motorini truccati.
Sì perché, per chi non lo sapesse, la mia stradina è munita di marciapiedi enormi (sui quali fino a qualche anno fa si svolgeva il folkloristico mercato rionale) che si prestano perfettamente a tale scopo.
Cioè, io di cosa mi lamento? Mi affaccio e guardo la gara. Respiro a pieni polmoni il fumo nero e densissimo che esce dalle marmitte, misto all'eau de cozzal, con le orecchie e l'anima ebbre dei "kittemmurt" e delle gasteme varie ed eventuali.
Io sono una ragazza fortunata e me ne sto rendendo conto man mano che scrivo questo post.
Ha ragione mio padre a dire che sono pazza a volermene andare via da qua.
Scusa papy, tadb.

Dopo il momento sportivo, c'è una lunga parentesi musicale che di solito si protrae fino alle 7.
Generalmente tale momento viene annunciato dal passaggio di una macchina 50 che spara il best of di qualche neomelodico (in questa zona è un must).
Successivamente si passa alla performance live delle cozzaline-groupie che danno sfogo alle loro ambizioni da X-factor e Amici cantando con tutta la passione che hanno i più grandi successi delle loro beneamine (in dieci anni che vivo qui ho solo sentito Laura Pausini e Anna Tatangelo, ma mi piace pensare che un giorno cambieranno repertorio).
Dopodiché, in piena linea con lo spirito poratcho della serata, si passa alla discoteca. Due-tre auto posizionate in modo strategico in vari punti dell'isolato sparano a tutto volume pezzi house e balli di gruppo. Non è raro per me ritirarmi alle 3-4 di notte e trovare 10-15 cozzali intenti a ballare il limbo calipso. 
Di solito durante questa fase scattano gli allarmi della macelleria e dell'enoteca, che ancora non sono stati tarati su "cozzali convinti che corso Mazzini sia una succursale del Cromie".

Quindi, tirando le somme, la vita non è così male qui. Certo, se hai un lavoro o degli esami o un ciclo sonno-veglia normale questa movida potrebbe in taluni casi rappresentare una scocciatura, assieme ad altri piccoli e ignorabilissimi inconvenienti nei quali si potrebbe incorrere (tipo incursioni nel portone, utilizzato come bagno pubblico; persone svenute sulle scale con annessa chiazza di vomito...cosine, insomma).


Ma alla fine io sono grata a queste persone. Se non fosse stato per loro, stasera non avrei saputo di che scrivere.

Ora li sento parlare, sulle panchine.
Sì, perché il Comune ha ritenuto opportuno installare delle panchine, onde rendere più piacevole la permanenza dei cozzali.
Parlano con l'aria di chi dice cose importanti, come quando a dieci anni lessi Il Codice Da Vinci e lo spiegai ai miei amichetti in campeggio. Eravamo noi, di notte, seduti sulle panchine o sugli scalini dei bagni, e parlavamo ore ed ore di Chiesa, Illuminati, Vaticano, gomblotti e affini. Qualche volta cantavamo, o alzavamo la voce e ogni sera ci portavamo a casa quei 7-8 rimproveri di gente che giustamente voleva dormire.
Chissà di cosa parlano, i cozzali.
Chissà perché questo post si sta concludendo in un modo ingiustificatamente romantico.

Mi piace dare la colpa alla playlist di Spotify, o al fatto che devo trovarmi qualcosa da fare nell'attesa che il mio cellulare si carichi in modo da poter giocare a 2048.

Qui albeggia.

I cozzali parlano ancora, ogni tanto un kittemmurt risuona nel silenzio e penso che forse non è colpa loro se sono cozzali, e che magari qualche volta scenderò anch'io con loro e canterò Ragazza Di Periferia. Magari una voce in più fa comodo. Voglio dire, non studio canto da anni per nulla.



*: per i miei lettori non terroni, cozzalo = ignorante; cafone; malandrino; tamarro; rozzo; zagno; zaquaro ecc,


venerdì 11 luglio 2014

sabato 5 luglio 2014

ci ho ventitrè anni



Ieri notte sono tornata a casa brilla, tanto per cambiare. Ma ero giustificata: it was my bday!
E mi era venuta in mente anche una cosa grandiosa da scrivere qua sopra, una fantastica lezione di vita da tramandare ai posteri che però ho dimenticato.

Sono dunque giunta alla conclusione che, quando bevo, divento geniale.*


*nb: la fase della genialità arriva per ultima, dopo:
- la fase dell'allegria immotivata e fastidiosa
- la fase in cui faccio battute sconce ed elogio apertamente le mie tette, felice della vita
- la fase in cui mi chiudo in me stessa e rifiuto ogni contatto col mondo esterno
- la fase delle teorie sulla vita e sul mondo
- la fase in cui ho schifo degli altri
- la fase in cui ho schifo di me stessa
- la fase in cui mi aggrappo alla prima persona disgraziata che trovo e inizio a lamentarmi di questo e di quello e a piagnucolare ponendo alla suddetta persona problemi esistenziali e domande che farebbero cadere le braccia a un mutilato
- la fase in cui inizio a dire "nooo io non devo bere mai più nella vita" 
- e, finalmente, la fase della genialità


E niente, la buona notizia è che, nel momento in cui ho spento la mia unica candelina, non ho espresso il solito triste desiderio che esprimo da troppo tempo.
Ero lì, guardavo la candelina e mi chiedevo "bene, che diavolo desidero? Cosa volevo l'ultima volta che ho desiderato qualcosa?" e mi sono passati nella testa i vari spari di mezzanotte, le stelle cadenti, gli aerei, i fiori che quando li soffi devi esprimere un desiderio (alcuni li chiamano denti di leone, altri soffioni (?) quindi io per non scontentare nessuno non li chiamo in nessun modo) e boh, che desideravo? Cose che ora non m'interessano (quasi) più.

In effetti dico "quasi" solo per evitare di essere tacciata d'incoerenza quando e se un domani tornerò nella fossa che mi sono scavata da sola e dalla quale credo di essere finalmente riemersa. Però, insomma, non si sa mai!

Quindi, la fiamma è sparita e io non ho desiderato essenzialmente nulla.

Però, in questi giorni, ho spesso desiderato cose.
L'indifferenza verso...cose che non posso esplicitare perché è vero che il blog lo leggo praticamente solo io, ma è anche vero che...non si sa mai!
Diciamo, sarebbe meglio se focalizzassi attenzioni ed energie su cose che spesso ignoro, piuttosto che su cose che BOH. Cose che mi faccio "piacere" a forza, diciamo.

E sì, nel frattempo mi sono fatta un cicchetto perché mi andava.

No, non è vero, volevo solo giustificare il nonsense.
Ma un senso per me c'è, VA BENE?!

comunque non voleva essere un post depresso o ispirato, semplicemente voleva essere un post boh.


Stamattina mentre facevo la mia passeggiata con Mimì (che, per chi non lo sapesse, è il mio cane), ho sentito un interessante dialogo:

A: "stamattina ho sentito al tg che oggi fanno 92 gradi..."
B: "92?! Sei sicuro? Com'è possibile, scusa?"
A: "oh, io al tg l'ho sentito! Novantadue, NOVE-DUE."
B: "boh, m par stran..."
A: "vabbu fasc cald"
B: "e tin rascion pur tu"

domenica 22 giugno 2014

in/a [inserire nome di paese/città/continente/pianeta a caso] si vive meglio!

ci ho messo un paio di giorni a metabolizzare la cosa per scriverla qui senza bestemmiare ogni tre parole.
Il fatto è che una delle cose che più mi devasta l'anima è l'incoerenza.
Mi devasta ancor più l'anima sapere di dover condividere l'aria che respiro e la terra in cui vivo con gente che capisce poco o nulla del disagio di abitare un posto che non ti appartiene per mera necessità e che recita alla perfezione la parte di quello che "sogna l'America" barricandosi dietro a preconcetti che stanno solo nelle loro piccole teste (es.: gli africani ce l'hanno grosso, in Svizzera sono precisi etc etc).
Qualche settimana fa ho assistito con ribrezzo alla condivisione compulsiva di un'immagine che ritraeva presunti tifosi giapponesi ripulire lo stadio nel quale la loro nazionale aveva miseramente perso, subito dopo la partita.
OM SONO COSì CIVILI E NOI ITALIANI INVECE NO KE SKIFOOOOO!!!111!!!!!one!!!11
Ironia della sorte, due giorni fa sono stata a un glorioso concerto gratuito nel quale si sono esibiti artisti vari tra cui l'immenso Caparezza che, per quanto spesso e volentieri sopravvalutato, ha sfornato un ultimo album davvero niente male che -tra le altre cose- interpreto come un disperato tentativo di alfabetizzazione di quei 97 ragazzi su 100 che dei suoi testi non capiscono una beneamata.
Gli stessi 97 ragazzi su 100 che si sono indignati quando "oddio cè quei pazzi hanno eliminato la storia dell'arte nelle scuole e ora come faremo NESSUNO PENSA AI BAMBINI??" e gli stessi ragazzi che, qualche anno fa, passavano le loro amatissime ore di storia dell'arte a fumare nel cesso, nella migliore delle ipotesi.
Tendenzialmente, io odio le folle. L'ambiente concerto, così come l'ambiente discoteca, non mi si addice. Passo il tempo a cercare di vedere qualcosa e contemporaneamente lotto per la sopravvivenza tra calci, spintoni e gomitate. Aggiungo che in queste situazioni ho sempre l'enorme fortuna di ritrovarmi nelle immediate vicinanze dell'unico cristiano dopato che durante tutto il concerto si muove come una talpa impazzita e salta, spinge, urla, strepita e mi suda addosso e -dio mio- che schifo.
Mi estrapolo e nel frattempo mi dolgo di non avere la possibilità di scrivere sul momento quello che mi passa per la testa, ovvero i centomila motivi per cui la mia fiducia nel genere umano sbiadisce giorno dopo giorno.
A parte l'immensa tristezza nel constatare che per la maggior parte della gente lì presente "legalize the Premier" è una canzone a favore della liberalizzazione delle droghe leggere, la mazzata finale alla mia fiducia nel fandom di Caparezza è stata data dall'agghiacciante visione di quello che è rimasto dopo sul prato del parco nel quale si è tenuto il concerto.
Probabilmente non sarebbe bastata l'intera popolazione di Chubu a ripulire quella roba.

E quindi sono giunta alla conclusione che agli italiani non piace il cambiamento. Agli italiani piace ridurre il posto in cui vivono a una discarica fatiscente per poi trasferirsi nel salotto lustro e pulito di qualcun altro, e magari vantarsi delle dimensioni del proprio pene in Asia, che dev'essere una cosa estremamente appagante.
Sono anche giunta alla conclusione che le frasi che iniziano con "gli italiani" o "il popolo italiota" mi fanno partire emboli che arrivano fino alla Luna e tornano indietro colpendomi dritta tra gli occhi.


nonsietestato(neanche)voi

sabato 7 giugno 2014

e vbb

sono un po' di notti che mi chiedo:
fanno più male i "vaffanculo" o i "ti amo" mai detti?
e ancora non mi si è palesata una risposta univoca e che mi sembri convincente per più di venti minuti.
sono un po' brilla, mi si perdonino eventuali strafalcioni, errori di battitura, voli pindarici e cose così.

tipo le maiuscole, che mi scoccia mettere a inizio frase per motivi non pervenuti.

vabbè, detto questo, torniamo al topic principale di questo post che in effetti un topic principale non ce l'ha.
non vorrei parlare di sentimenti qui, per la nota legge "non è il mio diario segreto", però è pur sempre il mio blog, che diamine. dovrei essere libera di scriverci quel che mi pare e poi, diciamocelo, una parte di me è sempre stata sentimentale ed era decisamente troppo tempo che non s'interessava al suo ambito, ma preferiva cazzeggiare di qua e di là con costine a casaccio, ma credo che se nasci tondo non muori quadro quindi ci sarà per sempre una parte di me che vorrà una persona speciale, sebbene questo concetto sia estremamente mutato nel corso degli anni, degli ultimi soprattutto.
non è un mistero il fatto che questi ultimi anni abbiano lasciato un segno indelebile sulla mia persona. un paio di storie importanti, altre meno importanti, avventure, storielle, persone sbagliate nei momenti giusti, persone giuste nei momenti sbagliati e cose così.
non sono una persona lineare.
non lo dico per fare la figa, e chi mi conosce sa che sono così sul serio.
ho sempre avuto metodi contorti per ottenere quello che voglio. insicurezza in alcuni casi, inesperienza in altri.
devo arrivare da A a B? bene: A, C, D, E, F, G, H, I, L, M, N, O, P, Q, R, S, T, U, V, Z, B.
devo allontanare una persona? mi rendo insopportabile, mi faccio odiare, la persona si allontana.
e addio per sempre, avrei voluto dirti che ti ho amato, qualche volta. ma sono felice di non avertelo mai detto, nonostante quei "ti amo" non detti abbiano fatto un male cane e continuino a farlo, ogni tanto.
avrei voluto regalarti dei pastelli a cera, per il tuo compleanno.
e avrei voluto dirti che sei un imbecille, tante di quelle volte.
ma sono stata zitta, era divertente farti credere che avevo bisogno di te, che quello che sapevi tu io non lo sapevo assolutamente e ommioddio sei così intelligente! hai il cazzo più lungo che abbia mai visto, amore. ma non è così, però è bello fartelo credere, dai.

prima che s'inquietino gli animi, non sto parlando di nessuno in particolare.

in generale, faccio cose così.
non lo so perché, forse mi fa comodo fare la parte della cretina.

mi rendo conto che mi sta venendo la sbornia triste e forse dovrei chiudere qua questo siparietto penoso, ma sticazzi, tanto mi leggo praticamente solo io

che poi, ho passato una serata bellissima, mi sono divertita come non facevo da un sacco... ma la tristesse è dovuta essenzialmente ai sensi di colpa per non aver studiato un cazzettino stasera.
però è sabato, dai. e tanto so già che nella migliore delle ipotesi porterò a casa un 24.

perché le cose che mi fanno cagare MI FANNO CAGARE. e la geografia MI FA CAGARE.
a malapena so dove sia l'Italia, giusto perché ha una forma particolare e facilmente riconoscibile.
e so dove sta la puglia perché è il tacco dello stivale e vabbe.
ma se per esempio vivessi in umbria...dove cazzo è l'Umbria?? che forma ha??
tipo, l'altro giorno ho scoperto che la foresta umbra è in puglia e non in umbria!
E CHIAMALA FORESTA PUGLIESE, CRISTODDIO!
e invece no, umbra non sta per "dell'Umbria", ma per "ombrosa".
e vabbè.
almeno posso dire di aver imparato qualcosa da questo esame inutile.

mi sono persa una festacchiona piena di alcool musica e giovani dai bollenti spiriti, però cazzo, ora so dove sta la foresta umbra!

oggi, dopo aver scoperto che un mio ex compagno di liceo -ignorante come una capra, bocciato un numero n di volte e probabilmente cocainomane- sta beatamente girando il mondo e ho capito una grande Verità: l'analfabetismo è la nuova laurea.

che mi spacco a fare sui libri quando potrei prostituirmi, infilarmi ovuli di cocaina su per il retto o vendere fotografie delle mie tette su internet?

ho anche capito che il mio nuovo motto sarà: e vbb

tipo un "e vabbè", che però abbreviato così mi dà proprio di rassegnazione e braccia cadute.

ieri ho visto un film (a dir la verità due, ma uno lo conoscevo già solo che è troppo bello e ho voluto rivederlo. si chiama Hard Candy e parla di una ragazzina che adesca un pedofilo. ESATTAMENTE. scaricatelo e vedetelo) molto carino. un horror particolare, si chiama The Loved Ones.
Non ringraziatemi, dai.

ho inoltre scoperto il potere della redbull e della burn e di tutte quelle altre cagate ipercaloriche che dovrebbero favorire la concentrazione ma nei fatti mi hanno solo gonfiata tipo ranocchio.

e vbb, mi sta passando la sbornia, e quindi pubblico il post prima di tornare lucida e cambiare idea.

lunedì 26 maggio 2014

26 maggio -resoconto annuale #4

Ieri sera sono tornata da una mini-vacanza di tre giorni. Ogni tanto ho bisogno di queste piccole fughe, mi liberano il cervello e mi rilassano.
Ho fatto una passeggiata al lago, visitato monumenti che non vedevano la luce da anni, mangiato cose buonissime, parlato, riso, bevuto, commesso atti impuri e accarezzato cani e gatti per strada. Ah, ho anche scoperto una serie TV inglese meravigliosa. Si chiama Black Mirror e non dirò nulla a riguardo se non: GUARDATELA.
Come avevo profetizzato, sto autogastemando la me del passato per non aver cominciato a studiare due mesi fa.
Il fatto è sempre lo stesso: non trovo un senso a questa roba. E' difficile fare sacrifici per qualcosa della quale non vedi l'utilità. Ho altri piani, altre idee, troppi interessi per focalizzarmi su un dannato esame di geografia. Io il mondo lo voglio vedere davvero, non sulle pagine fotocopiate dal un libro del 2007. Libro che, tralaltro, ragiona per stereotipi:
africani = bambini neri con la pancia gonfia e le mosche sugli occhi
americani = obesi egoisti e scellerati
cinesi = spietati capitalisti o sfruttati operai sottopagati
giapponesi = pervertiti, frustrati e suicidi
arabi = se non credi in Allah ti fanno saltare in aria

roba così, insomma.
Non riesco proprio a concentrarmi, su sta roba.
E no, l'esame non è solo sue queste due cavolate, è una roba ben più complessa ma questa non è un'aula universitaria e tu non sei il mio professore.


Quindi, veniamo al motivo per cui oggi devo scrivere un post nonostante non abbia nessunissima voglia di farlo: il resoconto annuale.
Non mi dilungherò troppo perché questo non vuole essere un blog serio, come ho già detto in molte occasioni, e soprattutto perché la maggior parte delle mie idee, dei miei progetti e dei miei piani futuri sono stracazzacci miei e voglio che restino tali.

Detto ciò, rispondo alle domande che la piccola e ingenua me stessa di 19 anni decise di porsi ogni santo anno il 26 maggio (prendendo atto del fatto che probabilmente dovrei cambiarle o quantomeno aggiungerne altre meno banali).


1) Che sto facendo della mia vita?
Sto per laurearmi. Ho cominciato da qualche mese a pittarmi la faccia per hobby e spero che diventi un lavoro, ma alla fine non sono nemmeno sicurissima di questo. So che mi piace e mi rilassa molto, ma non so davvero se vorrei fare questo per tutta la vita. Sono troppo egocentrica per passare l'esistenza dietro le quinte o nei camerini a truccare attori e modelli. Certo, se i modelli sono manzi mi va benissimo restarci chiusa in camerino, ma inzomm, è una base piuttosto fragilina sulla quale costruire il lavoro della vita. Per il resto esco coi miei amichetti ma anche coi miei nemichetti o con gente che mi è del tutto indifferente, quando posso lavoro, leggo, studio, penso, mangio e faccio cose e vedo gente. Da qualche mese sono vegana, anche se ogni tanto mi concedo un sushi (come oggi, ad esempio). Dài, su, linciatemi, animalari di merda.

2) Sono felice?

Lo sarei, se non tendessi a pensare e ripensare, rimuginare e autoflagellarmi come solo una donna in piena sindrome premestruale sa fare.
Ci sono cose che mi rendono infelice e cose che amo e altre che sto imparando ad amare. Ho solo troppo caos nella mia testa per soffermarmici, ma sto provando a liberare la mente dei pesi inutili, anche se con grande fatica.
In compenso, su molte cose mi sento più sicura di me, anche se spesso mi ritrovo a guardare con nostalgia alla mia versione adolescenziale: grassoccia, coi capelli tinti (malissimo), la faccia perennemente struccata e un pessimo gusto nel vestire (che, in parte, ammetto di avere ancora). E' vero, ero una cozza e oggi se guardo le mie vecchie foto mi rendo conto che il fatto che avessi molti meno corteggiatori rispetto alle mie amiche non fosse il mistero irrisolvibile che credevo. Ero un cesso, punto. Però non me ne fregava nulla, mi vedevo bellissima. Ero bella perché non mi vergognavo di uscire di casa coi capelli in disordine e le magliette oversize con le quali tentavo di nascondere le mie forme. Ero bella perché dicevo (e ci credevo davvero) che la gente avrebbe dovuto amarmi per quella che ero e non per come apparivo. Ora questa cosa non mi appartiene più e sicuramente è in gran parte colpa dell'esperienza e del mondo folle in cui sono cresciuta. Ma non voglio virare sul solito pippone stile "il corpo delle donne". Magari un giorno scriverò un post in merito.

3) Sono sentimentalmente impegnata?
Mettiamola così: it's complicated.


 Beh, anche stavolta ho dato in pasto al World Wide Web un pezzo della mia vita. Posso tornare a studiare geografia.
vvb


giovedì 8 maggio 2014

Marino autolinee e tipi umani

stamattina parlavo con una mia amica reduce da un distruttivo viaggio Napoli-Bari dell'incredibile varietà di casi umani che popolano gli autobus della Marino e ho dunque deciso di condividere col mio numerosissimo pubblico di lettori assidui (ovvero Kekko) alcuni dei personaggi grotteschi che mi è capitato di incontrare nei miei numerosi viaggi nel paese di Pulcinella, Sorbillo e Pino Giordano.

Il ciccione: il tipico ciccione che si espande durante il viaggio, senza alcun riguardo nei confronti di chi gli sta accanto (in questo caso, io). Questo ciccione in particolare lo porterò nel cuore per sempre, dal momento che mi si addormentò addosso sbavando ovunque, facendomi progressivamente spiaccicare contro il finestrino e ignorando i miei educati colpetti di tosse che diventarono meno educate gomitate, nel disperato tentativo di liberarmi dal suo abbraccio morbidoso.

Le suore: nevicava. Nevicava oltremodo. Nevicava esageratamente. Nevicava così tanto, che il pullman fu costretto a fermarsi a Candela per un paio d'ore. Dietro di me avevo due suore che per tutto il viaggio (ovvero le canoniche 4 ore più le due ore extra di sosta d'emergenza) non fecero che recitare il rosario inframezzandolo di pacate risatine e di "se la madonnina vorrà, arriveremo sane e salve! Altrimenti pazienza, saremo accolti tutti nel Regno dei Cieli per il più meraviglioso dei viaggi". Sgratt sgratt...

Il bambino bono e tosto: bambino maledetto. Passò tutte e quattro le ore di viaggio a inveire ad alta voce contro la coppia di disgraziati che era seduta dietro di lui facendo qualsiasi tipo di domanda e rispondendo con insulti e cattiverie di ogni tipo.
Bambino: "che cosa fai nella vita? Studi? Lavori?"
Ragazzo: "studio giurisprudenza"
Bambino: "e vuoi fare l'avvocato?"
Ragazzo: "sì"
Bambino: "tanto sei solo un fallito. Tu e la tua fidanzata brutta che sicuro ti fa le corna. Tu sei un fallito come tua madre e tuo padre, io invece sono bono e tosto!"
Quattro ore di questa roba. Non un solo secondo di tregua. Un plauso ai genitori di questo aborto malriuscito.

Il ginnasta: un signore seduto accanto a me, armato di cellulare sul quale guarda a ripetizione un video in cui signore grasse e attempate facevano ginnastica. E fin qui, diciamo, tutto nella norma. La cosa degenera quando il suddetto signore inizia a fare ginnastica sul sedile. E vbb.

Il generoso: di norma sarebbe vietato portare cibo e consumarlo sull'autobus, ma ovviamente a nessuno importa e non è raro vedere teglie di pasta al forno, riso patate e cozze e salsicce e friarelli inondare l'autobus col loro invitante profumo. Il signore in questione, aveva un panino. Lo scarta con premura e si alza dal suo posto. Camminando su e giù per il corridoio del pullman, chiede a TUTTI i passeggeri "vuole un pezzo?" addirittura svegliando apposta quelli che stavano schiacciando un pisolino. Una volta finito il giro, torna al suo posto e mangia. Finito il panino, tira fuori dallo zainetto un grappolo d'uva e ripete l'operazione. Carino, dai

Quelli sotto acidi: una coppia di ragazzetti tutti piercing, dreadlocks e tatuaggi (orrendi e fatti col culo). Un continuo pomiciare rumorosamente, parlare per abbreviazioni e slang poraccio "amò, tesò, la pula, la maria" e soprattutto un continuo sentirsi supertrasgre e ricercati internazionali perché "cèèè c'ho l'erba in tasca amò". Fastidiosi. A ogni rudere isolato nella campagna esclamavano esaltati "mo amò ci pensi che feste si fanno qua? musica a palla, niente pula, nessuno che rompe i coglioni e noi a fare casino e a fumare un sacco mòòòòòò". Fastidiosi.

Quello che non saprò mai chi cazzo era: credo di averne già parlato qui su. Ero reduce da una giornata noiosa e stavo tornando a casa, distrutta. Si avvicina questo ragazzo e inizia a raccontarmi di essere questo, poi quell'altro, poi altro ancora, inventandosi mille identità diverse (e tutte abbastanza credibili, devo dire), perché "in queste tre ore di viaggio possiamo essere chi vogliamo". Un gioco intrigante (e alla lunga anche snervante) che finisce con il bacio più misterioso della mia vita.

Il berlusconiano: una delle disgrazie più grandi che può capitarea chi viaggia in pullman è quella di capitare sul tavolino con tre perfetti sconosciuti. Sono tre anni che faccio periodicamente avanti e indietro sui pullman Marino, per la legge dei grandi numeri prima o poi doveva capitarmi. Davanti a me, un signore che aveva superato la cinquantina da un po'. Tutto incravattato, ben vestito e con la classica faccia di merda da berlusconiano disonesto e maiale. Infatti, poco dopo l'inizio del viaggio, estrae dalla sua valigetta una copia di "Libero". Mi lancia occhiate, mi fissa la scollatura, poi mi fa l'occhiolino. Mi copro il seno coi capelli, la sciarpa e qualsiasi cosa mi capita sotto mano, ma lui continua a fissarmi e a farmi sorrisini maliziosi che mi facevano accapponare la pelle dall'orrore. Dopo un po', prende il cellulare e inizia ad armeggiarci per poi porgermelo. Sullo schermo c'era scritto in caps lock: "TUO NUM?". Lo guardo con compassione, gli restituisco il cellulare e fingo di soffrire il mal d'auto per cambiare posto.

Il miliardario trucido: stavolta il fattaccio è successo alla fermata. Si avvicina un tizio trucidissimo: basso, chiatto, capelli neri lunghi radi e unti raccolti in un'untissima coda, camicia viola aperta sul pelo selvaggio nel quale era impigliata una catena d'oro con tanto di madonna appesa. "ciao bella, come ti chiami? cosa studi? vuoi un caffè? io sono una persona...benestante, sai? ora proprio sto organizzando il capodanno in Albania (nota meta dei miliardari, ndr)". Riceve una telefonata "pronto? NICOLA?? Sisi per Tirana tutto a posto...senti, maaaa...c'è figa?" mi guarda e fa l'occhiolino "beh bene bene è questo l'importante! cià bell! Dicevamo, vuoi un caffè?" NOPENOPENOPPITYNOPE


Credo di aver raccontato tutti i casi umani più eclatanti incontrati in questi tre anni di peregrinazioni e vorrei concludere questo post con un appello al signor Marino: smettila di aumentare i prezzi! Non posso spendere 40€ ogni volta che voglio andare a trovare i miei amichetti partenopei e voglio andare a mangiare una pizza come si deve!

Con affetto, tvb