venerdì 16 ottobre 2020

Caro Amore mio

 Caro Amore mio, 

mi manca cercarti tra le foto, tra i post, tra le parole di una canzone indie che interpreterò a modo mio, forzandone il senso per darne uno a quello che ho nel cuore.

Mi manca leggerti nei libri e guardarti nei film, mi manca contare i giorni che mi separano da te, mi manca sentirmi sicura tra le tue braccia.

Caro Amore mio,

hai avuto tante forme, sempre diverse, alcune meravigliose, alcune terribili. 

Sei stato il bambino secchione del primo banco alle elementari, quello che mi regalò una scatolina bianca piena di regalini e una poesia scritta in penna blu: tra le rose rosse tu sei la più bella.

Sei stato il ragazzino scapestrato coi capelli rossi alle medie, quello col quale ridevo e per il quale ero l'amica più cara, quello che diceva che ero figa perché guardavo i Simpson e non le cose da femmine.

Sei stato il ragazzo del campeggio, che aspettavo arrivasse l'estate per tutto l'anno per vederlo. Quello per il quale cambiai stile e gusti musicali, quello per il quale imparai a suonare la chitarra, quello che mi spezzava il cuore ogni volta che invitava a ballare qualcuna che non ero io.

Sei stato il mio primo bacio, sotto il portone di casa mia.

Sei stato il mio professore di filosofia che mi ha fatto amare il lunedì mattina.

Sei stato il compagno di università col quale preparai quell'esame su Orfeo ed Euridice, quello che partì per Parigi lasciandomi a piangere nella macchina di un'amica, inconsolabile.

Sei stato la prima volta che ho fatto l'amore, e l'ennesima che sei andato troppo lontano perché potessi raggiungerti.

Sei stato quei ragazzi che ho ferito, quelli ai quali non ho dato più che il guscio vuoto lasciato da chi s già  era già preso tutto.

Sei stato le mani che sapevano disegnare e accarezzarmi dolcemente, mentre annusavo gelsomini in fiore. La musica sporca e pura, i colori accesi e spenti insieme. La puzza di fumo e le coperte logore in un seminterrato.

Sei stato forza motrice che mi ha portata lontano, che mi ha resa peggiore nel tentativo di farmi splendere di luce mia.

Sei stato la forza motrice che mi ha ricondotta a casa e mi ha portata nel suo nido, che era un covo di serpi in un rovo di spine che più mi abbracciavi e più mi conficcavi nel petto.

Sei stato l'amico che mi ha sorpresa con un bacio che non aspettavo e che mi è costato tutto.

Sei stato i baci sul mare, i muretti, gli interi di amaro, l'estate in cui ingoiavo le mie lacrime e la tua saliva.

Sei stato il vino rosso bevuto in bicchieri di carta davanti al castello, gli abbracci di un cuore ferito che non mi è appartenuto mai per davvero.

Ora sei casa, famiglia, eppure mi manchi.

Mi manca sentirmi al sicuro.

Quando male mi hai fatto, caro Amore mio.

mercoledì 25 marzo 2020

ennesimo post retorico sul valore del tempo e l'importanza delle cose che capisci solo dopo che le perdi blabla

Facciamo finta che
'sto covid-19 ci ammazza tutti, no? Cioè, nel senso che proprio ci estinguiamo perché non siamo resistenti a questo nuovo patogeno, i guariti lo riprendono e i morti risorgono in forma di zombie e infettano i sani. Ha pure il nome figo, ti dà proprio di operazione militare, di cosa parascientifica, di cosa che fa paura perché ha 'sta nomenclatura asettica, pensa se si fosse chiamato tipo boh Giancarlo, o se gli avessero dato un nome carino tipo morbillo e orecchioni che sono malattie orribili ma hanno un nome che sembra inoffensivo e invece no, COVID-19.

Che poi a ben vedere è anche probabile che gran parte dell'ansia che questo nome mi provoca è dovuta alla presenza del numero, dato che c'ho questa specie di riflesso pavloviano per cui i numeri mi mettono ansia perché li associo a quella gran mignotta della maestra di matematica delle elementari che la matematica me l'ha fatta odiare e poi ho smesso di capirla da quando l'hanno mischiata con le lettere, quindi COME posso non provare angoscia a leggere COVID-19? Lettere e numeri insieme, una cosa che so per assioma che non capirò, solo che qui non ho il compagnetto-secchia al quale chiedere di copiare i compiti, perché manco la peggio secchia ci capisce nulla di 'sta roba e allora ci guardiamo, io sul mio banco e lui sul suo, sbarriamo gli occhi e ci chiediamo se sia meglio provare a risolvere l'esercizio o lasciare in bianco.
Cosa che non si è mai capita perché ogni professore c'ha una visione sua su 'sta cosa: uno ti premia perché almeno ci hai provato, l'altro ti premia perché è meglio stare zitti e lasciare agli altri il dubbio che tu sia scemo piuttosto che parlare e rendere la cosa palese e quindi ti ringrazia non penalizzandoti, in questo stallo alla messicana di non azioni che risulta in un 5- che risulta, a sua volta, in uno sguardo colmo di compassione e pena di mamma e papà che scuotono la testa e pensano "eppure, da piccola, sembrava tanto sveglia".

Ma sto divagando: facciamo che moriamo tutti e che l'unica cosa che resta di questo breve periodo di umanità è quello che abbiamo lasciato su internet e sui nostri cloud (che ancora non ho capito come funziona, spero comunque che i miei nudes siano salvi e che li abbia visti solo io e il tizio che mi ha formattato il computer qualche anno fa HEY Sì LO SO DICO A TE SO CHE LI HAI VISTI) e, tra le altre cose, il mio blog.

A voi, alieni, umani del 3000 immuni a ogni pestilenza, robot, progenie di quelli che stavano chiusi nella casa del GF da prima che la pandemia cominciasse e che quindi, verosimilmente, saranno gli unici salvi alla fine di questo.
A voi voglio dire che ho aspettato venti giorni dall'inizio del lockdown per trovare il coraggio di rubare del tempo a un lavoro che detesto per dedicarmi a questo, a scrivere minchiate su un blog che leggono in tre.
Voglio dirvi che mi sembra di commettere il peggiore dei crimini ogni volta che leggo o disegno o guardo un film perché "dovrei" invece lavorare.
Voglio dirvi che per me e per migliaia di persone come me, è impensabile godersi qualcosa (a prescindere dalla pandemia) senza pensare alle conseguenze, che la pressione è talmente tanta che a volte pensare "magari esco per andare a lavorare comunque, mal che vada sto con la febbre qualche giorno" mi sembra ragionevole.
E verosimilmente lo farei, se vivessi da sola.
Invece mi porto il lavoro a casa e guardo i faldoni che si accumulano sul tavolo da pranzo, leggo le mail di gente che vuole sapere "com'è la situazione". De che? Che volete sapere? C'è una cazzo di pandemia, la gente muore e francamente poco me ne frega se la signora del piano di sopra fa sgocciolare i panni sul tuo balcone.
E' terribile la consapevolezza che, nemmeno sotto costrizione, riesco a dedicarmi alle cose che ho amato fare senza sentirmi in colpa. Che a un certo punto non è manco più una roba di piacere, ma un qualcosa da fare per mantenermi sana di mente dopo un mese di domiciliari.

E' atroce pensare che provi più soddisfazione nel chiudere un bilancio condominiale piuttosto che nello scrivere l'ennesimo post retorico sul valore del tempo e l'importanza delle cose che capisci solo dopo che le perdi blabla.
Disegnare? Che perdita di tempo.
Leggere? Pff, che vuoi che dica di interessante quel libro?
Vuoi mettere la soddisfazione di inserire in una tabella tutte le spese condominiali? Quello sì che è bello! Quello sì che verrà ricordato! Quello sì che mi renderà una persona felice e realizzata.

Siamo malati, e non di covid-19.