venerdì 27 dicembre 2013

I blame Disney! aka: cartoni animati che hanno irrimediabilmentedeviato il mio gusto in fatto di uomini


Chi di noi civettuole nate negli anni '90 non ha mai sognato di ballare il valzer col principe Filippo? O di passare l'arricciaspiccia tra la chioma fluente di Eric? O di sbirciare sotto il perizoma di Tarzan per poi scivolare sui tronchi degli alberi della giungla, per la gioia dei nostri piedi?
O di essere svegliate dal bacio del principe azzurro?
O di volare sul tappeto volante con Alì Ababua?
O di vivere nell'Isola Che Non C'è con Peter Pan?

Not me.

Io non colpevolizzo la Disney per avermi intofato il cervello con aspettative troppo alte sugli uomini. Io la incolpo per avermi dato aspettative troppo basse.
Sì perché a me Filippo, Eric, Peter Pan o Febo davano fastidio e basta. Ok, siete carini, ricchi e gnocchi, ma poi? Non voglio passare l'esistenza a ballare il valzer o a farmi salvare dalle streghe e dalle loro mele avariate. Quindi grazie, ma rinuncio all'offerta e vado a vanti.
Io ero innamorata degli outsider. Persone o animali che fossero.

Perché vivere una storia tranquilla con una persona normale e innamorata perdutamente di me quando posso passare splendide giornate di ansia con persone turbate e instabili e annaspare cercando di non annegare nei loro flussi (mestruali e di coscienza) come se non avessi anche i cavolini miei a cui badare?
Ed ecco dunque una lista (amo le liste!) di alcuni dei cartoni animati -e probabilmente anche un paio di film- che hanno irrimediabilmente distorto la mia visione dell'amore e della vita, plasmando i miei gusti in fatto di uomini su un modello che oscilla dal disadattato al grottesco, possibilmente con un passato difficile alle spalle e una bella voce con la quale cantare il suo Disagio.

Il Gobbo Di Notre Dame

Ero innamorata di Quasimodo. E questa cosa me la sono portata dietro per anni. Mi piaceva l'occhio abbottato, l'unico dentone sporgente, la gobba, le braccia pelose. E la voce di Massimo Ranieri, probabilmente. Come dice il tizio di Malattie Imbarazzanti su RealTime: "la bellezza è frutto di una serie di imperfezioni strategiche". Il fatto che in questo caso si tratti di una catastrofe è un mero dettaglio.
Quasimodo era un "tipo".
Mentre Febo era il classico belloccio noioso (e stronzo, se vogliamo mettere in mezzo anche il libro di Hugo), Quasimodo aveva molti interessi: dipingeva, faceva modellismo, parlava con le statue, allevava piccioni, suonava le campane e cantava divinamente. Poi era romantico, avrebbe dato la vita per una donna che nemmeno lo amava. Come non struggersi per una persona così adorabile?
Avrei preferito passare un'ora con lui a giocare col suo modellino di Parigi piuttosto che mille notti di baci (ero piccolina!) dati a quell'imbecille di Febo (che per di più è anche biondo quindi OUT).
 A Quasimodo devo la mia passione per i grotteschi, per chi non è "convenzionalmente bello". I bruttini interessanti (che spesso nella vita reale sono bruttini e basta). Quello col naso storto, un po' di pancia e l'aria da becchino*, per intenderci.

Il Re Leone II - Il Regno di Simba


L'unico sequel che mi sia mai piaciuto nella storia dei merdosissimi sequel Disney.
Kovu. Il leoncino frutto di una scappatella di Scar con Zira.
Sì, lo so, stiamo parlando di animali e non di persone. La zoofilia è sbagliata, immorale, oscena e blabla, ma teniamo presente che ero una bambina e vedevo l'amore come affinità di anime e caratteri, non altro. OMG SO DEEP.
Kovu è scuro e tenebroso (e ha una cicatrice, quindi tanto amore per lui), cresce nell'odio nei confronti di Simba e della famiglia reale, che ha cacciato lui e sua madre dalle Terre del Branco.
Insomma, un rivoluzionario che tenta un colpo di Stato.
Prevedibilmente, Kovu finirà con l'innamorarsi di Kiara, la svampitella figlia di Simba in piena crisi adolescenziale.
A Kovu devo la maggior parte delle mie cotte pre/post/adolescenziali per disadattati e attivisti CheGuevara-wannabe che si sono parati sulla mia strada durante la mia giovinezza fatta di manifestazioni e riunioni del Collettivo.
Un giorno sarò la Kiara di qualcuno e darò vita al mio branco di disagiati cantando L'AMOREEEEE TROVERA' LA VIAAAA! NON MI PERDERO', CON TEEEE MI SENTIRO' A CAAAASA MIAAA!



  Lilli e Il Vagabondo


Biagio. Altro animale, stessa premessa di sopra.
Più o meno stessa storia: lui cresciuto per strada, disilluso e cinico si innamora della borghesotta e mette la testa a posto.
Essendo un cartone animato più vecchio degli altri, ho avuto la tremenda epifania sul danno che Biagio ha arrecato alla mia già compromessa psiche solo qualche giorno fa, rivedendo Lilli e Il Vagabondo su Rai Uno durante la tradizionale carrellata di classici Disney di natale.
Il danno può riassumersi in questo scambio di battute:
*Lilli racconta a Biagio di come Tesoro e Gianni Caro siano cambiati da quando sono diventati genitori*
Biagio: "ecco cosa succede a legarsi a una famiglia"
Lilli: "perché, tu non hai una famiglia?"
Biagio: "certo, una diversa ogni giorno della settimana. L'importante è che nessuna abbia me".
BOOM.
Grazie Disney, grazie davvero.
(Afammocc.)


The Nightmare Before Xmas


Jack Skeletron. Un "principe" -anzi, Re- decisamente poco convenzionale che è un po' la summa di tutte le mie devianze:
tormentato, incompleto, grottesco (*Tim Burton è uno dei motivi principali per cui non resisto al fascino del "becchino"), con smanie di grandezza, un ego spropositato e una gran voglia di partire.
Questo è uno dei personaggi che ha influenzato in primo luogo me, e di conseguenza i miei gusti in fatto di uomini. Avete presente quel perenne senso di insoddisfazione del quale siete convinti di potervi liberare solo e soltanto migrando? Ecco, here I am. E per qualche perversa ragione, sono attratta dai miei simili.
A Jack devo la mia autolesionistica tendenza a invaghirmi di chi ha mire espansionistiche in altri paesi/nazioni/continenti/emisferi/sistemi solari. Mi piace chi ha un obiettivo (che espone cantando) e fa di tutto per perseguirlo, a prescindere dal resto.
Forse per questo non ho mai amato particolarmente il personaggio di Sally, la bambola di pezza che aspetta il ritorno del suo amato -che di lei beatamente se ne infischia-, mentre tenta di ricucire i pezzi di se stessa al chiaro di Luna.

Edward Scissorhands

E qui chiudo con i film di Burton (e coi film in generale), altrimenti non la finisco più.
Passato tormentato? Check.
Caratteri fisici grotteschi? Double check.
Aspetto da becchino malnutrito e insonne? Motherfuckin check.
Animo introverso ma creativo/artistico? Cheeeck.
Cicatrici? CHECK. Amo le cicatrici.
Come Quasimodo, Edward ha problemi di natura fisica che lo rendono unico e spaventoso. Mi piace perché risulta "cattivo" e pericoloso a chi non lo conosce, ma in realtà è dolce e tenero e tutte quelle cose che fanno andare in brodo di giuggiole le scemine come me.
Certo, probabilmente non mi sceglierei mai un ragazzo con delle forbici al posto delle dita (if you know what I mean), ma se ha il volto di un giovine e impacciato Johnny Depp potrei anche passarci sopra.


Tirando le somme, posso affermare che l'essermi lobotomizzata con questi film quando ero bambina ha contribuito enormemente a plasmare il mio caratteristico pessimo gusto in fatto di uomini.
Almeno posso dire con fierezza di non far parte della schiera di oche che perdono la testa per il classico stronzo che "le tratta male perché le ama".
Io la perdo per i bruttimainteressanti, gli psicolabili, i disagiati e i sociopatici.
Magra consolatione.



PS: se sei un mio ex (o attuale) fidanzato/partner sessuale/amante/flirt o whatever, SORRY.

lunedì 23 dicembre 2013

merri crismas end eppi niu iear ye let it snou w maraia cherei oll ai uont for crismas is iu

Siccome ho una mezzoretta libera che volendo potrei impiegare per studiare, decido che ho voglia di scrivere un post natalizio per sopperire alla mancanza di aria di Natale che si respira a casa mia.
A testimonianza di ciò, allego una fotografia dell'unico "pezzo di Natale" presente nella mia abitazione, ovvero una palla di polistirolo ricoperta presumibilmente da alluminio e assolutamente priva di contesto. Ha pure il filo rotto, quindi non posso manco fare la mossa e appenderla da qualche parte.



Non che il non avere l'alberello luccicoso in casa mi deprima eh, anzi. Chi mi conosce sa bene quanto odi il natale e le affini feste e quanto io possa diventare insopportabile in questo periodo -periodo che generalmente si protrae da metà ottobre a fine marzo-. MA questo non sarà un post in cui dirò che W il Grinch, il Natale è ipocrisia, abbasso le cene coi parenti e blahblah blah e il consumismo e blah l'inquinamento e blah magari vi si cioncano le mani mentre fate esplodere i vostri petardi maledetti e blah non si abbandonano i cuccioli e blah.

Per una volta voglio nuotare controcorrente e risalire le cascate come fanno i salmoni, sperando di non finire tra le fauci di un grizzly.
Voglio quindi raccontare due storielle natalizie perché mi scoccia studiare geografia.

Number One: La Nonna e YouTube

Non ho mai avuto un gran rapporto con mia nonna -come coi miei parenti in generale-. Mi sono sempre limitata a una convivenza pacifica con una punta in più di rispetto "ché è una persona anziana". Sono lontana anni luce dalla tendenza generale per la quale la maggior parte della gente che conosco ama alla follia i propri nonni. Io le mie le vedevo sì e no due volte l'anno durante le feste comandate.
E fu infatti durante un Natale di almeno cinque anni fa che mia nonna materna venne a casa per il cenone.
Era il periodo in cui avevo iniziato a smanettare su internet e avevo scoperto YouTube.
Ricordo che ero in camera mia e stavo appunto vedendo video di chissà quale gruppo rokkettaro/glam/punkettone quando entrò mia nonna chiedendomi cosa stessi facendo.
Come ogni smanettona che si rispetti, odiavo - e odio ancora oggi- essere interrotta mentre leggo/faccio/guardo/ascolto qualcosa al pc. Però, per la nota legge "è una persona anziana, sii rispettosa e gentile" le spiegai brevemente cosa fossero internet e YouTube dicendole che essenzialmente poteva vedere tutti i video del mondo.
"Anche della mia epoca?" mi chiese.
Le dissi che era probabile e lei mi disse "allora voglio vedere Vola Colomba di Nilla Pizzi".
Trovai il video e lo feci partire.
Non dimenticherò mai l'espressione sul volto di mia nonna: l'espressione di chi si meraviglia di qualcosa sebbene non la capisca appieno. Guardava e canticchiava con gli occhi lucidi e chissà cosa le passava per la mente in quel momento.
Non ho molti ricordi di mia nonna, abbiamo passato pochissimo tempo insieme, ma questa è una delle poche cose di lei che ricordo e ricorderò per sempre.
A parte quella volta in cui mi gastemò perché le ruppi una tenda quando ero piccola, ma vabbè.

Number Two: Siri

Era l'anno scorso, sempre verso Natale. Ero in macchina con i miei, stavamo gioiosamente sfrecciando sulla statale semideserta. Quando sono in auto, divento narcolettica e dormo. E quel giorno in effetti stavo dormendo, quando mia mamma mi svegliò dicendo "iiiihhh Noemi guarda! Un cagnolino!". Mi alzai di scatto e vidi un cagnolino nero che camminava a casaccio in mezzo alla strada. Subito tentai di aprire lo sportello della macchina per uscire a prenderlo (volevo uscire con la macchina in corsa, manco Action Man) ma fui bloccata dalle urla simultanee dei miei che cercavano di convincermi che "sarà il cane di qualche pastore"; "ci sarà la sua mamma da qualche parte" e -la migliore- "STA NEL SUO HABITAT".
Il suo habitat.
Il cane era sulla statale, ricordiamolo.
Vabbè, dopo svariati minuti di me che cercavo di lanciarmi dall'auto in corsa e i miei che mi urlavano che sarei stata investita, riesco miracolosamente a convincerli a fermarsi e a farmi scendere.
Faccio slalom tra le altre auto beccandomi una sfilza di KITTEMMURT (probabilmente anche legittimi) e finalmente raggiungo il cagnolino che, terrorizzato, scappava di qua e di là.
Piano piano riesco ad avvicinarlo, poi ad accarezzarlo e alla fine riesco a prenderlo in braccio e a portarlo in macchina. Aveva il collare ed era terrorizzato. Mi si accuccia sulle gambe e dopo un adorabile sospirino si addormenta, sfinito.
Lo portiamo a casa (per la felicità di Mimì, il mio cane, che non ha fatto altro che ringhiargli contro e tentare di azzannarlo) e gli diamo da mangiare e bere e scopriamo che è una femminuccia. Decido di chiamarla Siri -sì, come la voce dell'iPhone-.
Iniziamo a mettere annunci ovunque, nel tentativo di ritrovare il padrone della piccola Siri alla quale nel frattempo ci stavamo tutti affezionando. Finalmente, dopo tre giorni in cui ho temporaneamente realizzato il mio sogno di avere due cani, per una serie di coincidenze assurde, troviamo la famiglia di Siri.
Tra lacrime di gioia e mia madre che mi tirava discrete gomitate dicendomi "magari ti stavi zitta, la potevamo tenere noi", scopriamo che la cagnolina è scappata per via dei petardi durante una passeggiata a circa quattro chilometri da dove l'avevo raccolta e che il suo vero nome era Noemi. Esatto, Noemi. Come me. Come io.


Bene, ora asciugatevi le lagrime e buon natale.


giovedì 19 dicembre 2013

✌️


contiene l'equivalente di 100 mirtilli

L'altro giorno stavo fissando la mensola che sta accanto al mio letto. Quella contro la quale sbatto le corna quelle 7-8 volte a notte, per intenderci.
Essendo io una persona estremamente ordinata, su quella mensola ci metto di tutto:
i miei vecchi dischi/dvd; i libri di Geronimo Stilton e quelli che mi obbligavano a comprare al liceo e che non ho mai letto; le mie imbarazzantissime cover per l'iPhone; qualche smalto e pupazzini vari.
Dicevo, qualche giorno fa stavo fissando questa mensola e mi sono resa conto di averci dimenticato sopra una bottiglietta di succo di mirtilli.
"Contiene l'equivalente di 100 mirtilli"
Una delle prime cose che la vita ti insegna a suon di giocattoli che smettono di funzionare nel giro di 12 ore è: non fidarti delle pubblicità e mentre fissavo la bottiglietta vuota, pensavo che sarebbe bello e rassicurante farlo.
Credere che in quella bottiglietta ci siano effettivamente 100 mirtilli minuziosamente scelti e non tre bacche allungate con acqua e dio solo sa che altro;
credere che quella presente nei wrustel sia effettivamente carne e non scarti di macello;
credere che in ogni bottiglia di Fanta ci sia la spremuta di tre arance;
credere che tre minuti di AB-Rocket al giorno ti scolpiscano culo e addominali rendendoti pronta per la prova costume nel giro di due mesi;
credere che il metodo Stamina sia la cura a tutti i mali;
credere che usare creme anti-age sia effettivamente utile a contrastare l'inevitabile decomposizione della pelle...
Mi piacerebbe molto credere alle pubblicità e farmici abbindolare. Sarebbe carino, quasi come tornare a credere in Babbo Natale (cosa che ho fatto per un numero imbarazzante di anni. Ho smesso prima di credere in dio, e dopo -molto dopo- in Babbo Natale).

Non è tutto bianco o tutto nero, ma anche sì


domenica 8 dicembre 2013

Corso Mazzini's Tales #1 - U Matt' (il Matto)

C'era una volta - e c'è ancora!- nella ridente città di Bari, un ometto dalle bizzarre fattezze e inusuali abitudini che la gente di lì chiama affettuosamente " U Matt'" (ma anche "cudd kitemmùrt", "stu trmon"...).

U Matt' è un uomo dall'età non decifrabile che si aggira per le vie del rione Libertà -anche se spesso è stato avvistato nel centro cittadino in uno dei suoi tentativi di espansione territoriale- salutando uomini, donne e bambini con la sua caratteristica joie de vivre mista a fanciullesca insistenza (guai a non rispondergli!).

Jeans strappati e sporchi, faccia perennemente impolverata e immancabile busta di plastica alla Christiane F. contenente oggetti misteriosi (un tesoro? una mappa? una dose di eroina? chissà!); U Matt' passa le sue giornate dicendo "ciao" ai passanti e spippettandosi allegramente nei giardini senza preoccuparsi di nascondere il suo amore per l'onanismo agli occhi dei concittadini scandalizzati.

Nei periodi di particolare arrapamiendo, non è raro vedere U Matt' avvicinarsi alle ragazze e alle donne del quartiere e corteggiarle nei modi più delicati e creativi che la sua mente intofata dall'alcool (e iddio solo sa che altro) riescono a partorire:
- "cià, p'ttà" ("salute a te, o peripatetica!")
- "ciao troia" ("buongiorno, meretrice!"
- "la uè la ciòl?" ("gradirebbe sollazzarsi col mio augello/spadino/scimitarra/verga/gingillo/arricciaspiccia/appendice di tessuto spugnoso comunemente denominato "pene"?).

Quando ciò accadeva, le nobildonne baresi fuggivano nelle loro dimore, o correvano a tappar le orecchie ai loro innocenti figlioli o, le più spregiudicate, rispondevano a tono o semplicemente ignoravano quegli incompresi latrati d'amore.

Ma un bel dì, U Matt' avvicinò un gruppo di signore attempate, imponenti e robuste che stavano tornando dal mercato rionale. U Matt', che stava sorseggiando un buon boccale di luppolo fermentato nella locanda del quartiere, viste le signore, corse verso di loro urlando con quanto fiato aveva in corpo:

SIGNOOOOOO! LA UE' LA CIOOOOL??
Quello che il nostro eroe, abituato a rifiuti e rispostacce, non si aspettava, fu la risposta di una delle matrone:

 "MAGAAAAR! Vìn dò, vìn!"

Fu così che U Matt, spiazzato e intimorito, fuggì.


E vissero tutti, felici e contenti.

sabato 7 dicembre 2013

l'importanza di scrivere un blog per affermare la propria emancipazione

Quasi dieci anni fa, la bimba-larva che ero iniziava a trasformarsi nella splendida e modesta farfalla che sono oggi.
Come ogni metamorfosi che si rispetti, prima di digievolvermi allo stadio finale ho dovuto passare diversi mesi (diciamo anni, vah) di transizione nel mio bozzolo di bave. La tipica fase dell'adolescenza (collocabile tra ultimo anno di medie e primi tre di superiori) in cui o sei popolare o sei sfigato.
Secondo i miei ormai celebri studi antropologici, se sei gnocca/o alle medie, sei destinato all'inevitabile tracollo. Se sei sfigata/o, hai ancora qualche possibilità di redenzione.
Io ero troppo popolare per essere sfigata, ma anche troppo sfigata per essere popolare. Vivevo in questo limbo di nècarnenèpesce in cui l'unica certezza che avevo era l'amore folle per Billie Joe dei Green Day.
Poi vabbè, avevo il mio ristretto giro di amici e il GameBoy quindi non soffrivo la solitudine. In effetti non so perché questo post stia prendendo questa direzione sociopedagogica, io volevo semplicemente dire che da piccola avevo i brufoli.
Non tanti, non particolarmente grandi, ma quel tanto che bastava a farmi vergognare della mia faccia e a pettinarmi come il Cugino Itt per nasconderla.
Ma non volevo propriamente parlarvi dei miei brufoli, piuttosto dell'ansiamega che mi assaliva ogni mattina quando facevo l'appello e ne trovavo di nuovi.

Ora che sono una bellissima farfalla e non ho più di questi problemi, rivivo la stessa ansiamega quando vedo che, esattamente come brufoli, si moltiplica il numero di blog.

Avete presente la famosa storia del Clementino che nella versione per maschietti fa domande sulla fotosintesi e in quella per femminucce sulle amiche di Barbie?
Ecco, la tendenza è rimasta vagamente la stessa (almeno per noi donne): tutte fescionblogghèr.

-per quanto riguarda i ragazzi, è nato il nauseante trend di aprirsi blog che essenzialmente raccolgono fanfiction dei libri di Fabio Volo e DOSONCRìKK perché cè, anche noi maschi siamo sensibbol e vogliamo trattare le donne come principesse perché cè se lo meritano perché cè guardo la luna e penso alla tua pelle di seta cèèè.-

 Dicevo, fenomeno fescionblogghèr.
Cioè, onestamente io non saprei nemmeno cosa dire esattamente.
Amighe? Ma ci siete?
Cioè, già l'utilità delle vostre capostipiti decisamente più altolocate e fregne è abbastanza discutibile; ma voi che mi scrivete post bilingui -quando a malapena padroneggiate il dialetto più bieco e sgrammaticato del vostro quartiere- in cui mi dite che il look più adatto per comprare due cicorielle al mercato non è completo senza la borsa sfrangiata di Zara e gli anfibi Primadonna che ti segano il tendine d'Achille dopo tre isolati costringendoti a strisciare sulle braccia per tornare a casa, siete davvero così indispensabili?
Perché tu, ChiaraFerragni-wannabe, senti l'esigenza di aprirti un blog per sfoggiare l'ultima gonna a pois di H&M? E' la vana speranza di viaggi/vestiti gratis dalle aziende che ti spinge a ciò o davvero ci credi?

Che poi, chi sono io per giudicare?
Dopotutto qua sopra non scrivo nulla di socialmente utile nè di particolarmente spassoso.
Ma almeno ho la decenza di non spacciarmi per la Serena Van  Der Voodsen del Libertà.


xoxo