domenica 1 novembre 2015

Neapolitan diary #4: il ragazzo con il tumore al cervello

[Vi avviso, è un post diverso da quelli che siete abituati a leggere qua sopra. Non lo condividerò su Facebook, resterà qui e se qualcuno lo leggerà, bene.]

Ieri sera, Halloween, dove coi morti e con la morte si gioca e si scherza, ero al locale in cui lavoro. 

Me ne stavo appena fuori dalla porta, con un tavolino traballante e tutte le mie cose per truccare i clienti da mostri, zombie e quella roba spaventosa che tanto mi piace e che tanto ha influenzato la mia vita.
Ieri sera, Halloween, su una sedia accanto al mio tavolino c’era un ragazzo che aspettava il suo turno per essere truccato da me.
Ieri sera, Halloween, una ragazza vestita da Morte, ha sollevato la falce in aria, si è avvicinata al ragazzo sulla sedia e, toccandolo con la punta della lama giocattolo, gli ha detto “presto sarai morto”.
Ieri sera, Halloween, dove coi morti e la morte si gioca e si scherza, la ragazza vestita da Morte non sapeva che, quel ragazzo, presto morirà sul serio, ucciso da un tumore al cervello che ha scoperto di avere non più di tre settimane fa e che, dicono i medici, non gli lascerà più di due mesi di vita.

Ho sgranato gli occhi in un misto di imbarazzo, tristezza e senso d’impotenza davanti a quello scherzo così inconsapevolmente crudele. Istintivamente, con lo sguardo ho cercato il ragazzo sulla sedia, come se volessi chiedergli scusa da parte di quell’ignara ragazza. Lo guardo e ha un sorriso amaro, indossato in risposta al gioco, allo scherzo. Si gira verso di me, si accorge che lo stavo guardando e scoppia in una risata isterica: “l’ha detto a me! L’ha detto proprio a me!” e ride tantissimo, dimenandosi sulla sedia immobile.
Sento le vene dei polsi gelarsi.

Questo ragazzo lo conosco appena, è un caro amico di una ragazza che lavora con me. Una ragazza che è una forza della natura e che nel giro di tre settimane è diventata una di quelle poche persone nel mondo che posso dire con sicurezza di volere nella mia vita per sempre, qualunque cosa accada.
Nemmeno lei sapeva, nessuno sapeva. Io ho conosciuto questo ragazzo e venti minuti dopo ho saputo che sta morendo, mentre cercavo goffamente di consolare la mia amica, che è piccola ed esile come un filo d’erba e sopporta le bufere come l’albero maestro di una nave di pirati.
Le ginocchia piegate da quel peso troppo grave da sostenere, lei piangeva e non sapevo cosa inventarmi per rispondere ai suoi “perché?” urlati dal pavimento del cesso del locale.
Perché non c’è una risposta, non c’è un motivo per il quale un ragazzo di ventisette anni debba morire per un cazzo di tumore al cervello. Non c’è motivo, né c’è soluzione quando il tuo corpo si rivolta contro di te e decide di attaccarti nell’unico posto che dovrebbe essere solo tuo, la tua testa. 

Non ti conosco, non so chi cavolo sei, non so cosa hai fatto della tua vita durante questi ventisette anni. So solo come ti chiami, so che sei amico della mia amica e so che tra due mesi non ci sarai più.

Ieri sera, Halloween, dove con la morte si gioca e si scherza, arriva il turno del ragazzo che con la morte ci sta danzando, lasciandosi condurre senza opporre resistenza, perché i danzatori sorridono sul palco, anche quando si slogano le caviglie.
Mi chiede quanto voglio per truccarlo, e io gli dico nulla, non c’è bisogno, mi paga il locale. Lui insiste, vuole darmi cinque euro, poi venti, poi cinquanta, “tanto io che me ne devo fare?”. Giustamente. 
Alla fine mi lascia cinque euro e mi dice “fammi Joker”.
Pulisco i pennelli, preparo il materiale e inizio a truccarlo. Lo trucco e ogni volta che gli giro la testa per disegnargli sul viso, mi sembra di maneggiare una bomba a orologeria. Chissà dov’è il tumore. Chissà quanto è grande. Chissà se gli fa male.
Lo trucco e mi sento una ladra a rubargli quei minuti preziosi. Lo trucco e maledico il colore bianco che si stende male e lo devo ripassare ottomila volte perché in questi ultimi giorni di vita questo ragazzo vuole essere Joker e, cazzo, io lo devo truccare bene. Voglio che sia felice e che per qualche ora si dimentichi di essere il ragazzo col tumore al cervello e sia solo Joker. 
E pensavo che quei minuti rubati alle sue ore contate, quei minuti che aveva deciso di passare seduto su una sediolina a farsi truccare da una perfetta sconosciuta sono stati pesanti e bellissimi. 
Avrei voluto chiedere cosa si prova, a sapere che stai per morire. 
Perché è vero che puoi fare tutti i discorsi fatalisti che vuoi, è vero che stiamo tutti sotto al cielo e nulla mi dice che tra due mesi io sarò ancora viva, o lo saranno tutti i miei amici o i miei genitori; ma sapere di avere una data certa, un tempo massimo entro il quale fare tutto, sapere che non farai mai il giro del mondo in mongolfiera, che non vivrai abbastanza da poterti specchiare e vedere da vecchio o da poterti sentire chiamare “papà”, sapere che ogni secondo che perdi in coda alle poste, sul divano a cazzeggiare davanti a un social network o a fare una cosa qualsiasi con gente che non mandi a cagare solo per educazione, è un secondo perso e non avrai un’altra possibilità di recuperarlo è un qualcosa di troppo orribile da mandare giù. 

Non ci sarà un altro Halloween, non avrai un’altra occasione per mascherarti da Joker. E quel ragazzo col tumore al cervello, una volta finito il trucco, è scappato a cercare la sua amica. L’ultimo Halloween della sua vita, ha deciso di passarlo truccato da Joker e ha scelto di farsi truccare da me.