martedì 25 novembre 2014

25/nov/14

Sono giorni un po' strani a casa.
Papà torna sempre tardi da lavoro, non lo vedo quasi mai.
Quando è in casa si chiude delle ore in camera da letto con la mamma, li sento parlare.
Non riesco a distinguere le parole, quello che si dicono. Sento solo le loro due voci, ogni tanto si accavallano. Alle volte loro smettono di parlare e al posto delle loro voci ne sento una metallica, che somiglia a quella della mamma.
Quando finalmente escono da quella stanza, mamma ha lo sguardo basso, le maniche del maglione tirate su fino ai polsi. Mamma di solito tiene sempre gli avambracci scoperti, per fare meglio i servizi, dice lei.
Mamma, che succede? 
Niente,  mi dice. Torna a giocare con le Barbie.

Raggiungo il mio fratellino e ricominciamo a giocare. Io odio giocare con le Barbie, mi piace solo costruire le città: qui c'è il negozio di dolci, qui la fattoria, qui lo studio della veterinaria. 
Poi arriva mio fratello con i dinosauri e Action Man e distrugge tutto. Odio quando lo fa. 
Raccolgo tutti i pezzetti sparsi per il pavimento e ricostruisco, ma i dinosauri tornano e distruggono ancora tutto.
Odio giocare con le Barbie.

E' un periodo che papà ci compra tanti giocattoli. Certo, a casa i giocattoli non sono mai mancati, ma in questi giorni ne arriva uno nuovo quasi ogni giorno.

Sono i giorni prima di natale, a scuola è appena iniziato quel periodo in cui i maestri fanno fare i lavoretti: il ceppo di natale, il centrotavola di natale, il presepe disegnato sulla tavola di compensato.
Quest'anno però il maestro ha deciso che siamo troppo grandi per i lavoretti. Così prendiamo un enorme foglio di carta e ci disegniamo su una città senza casette. 
Il maestro ci spiega che il giorno dopo ognuno di noi disegnerà la propria casetta e la incollerà sulla città con la Vinavil. 
A me piace molto il paesino in cui vivo. Casa mia è marrone, coi balconi rosa e non so perché mi ricorda mia mamma. Quando mi allontano da casa mia, mi giro sempre a guardarla mentre me la lascio alle spalle. 
Nel paese in cui vivo siamo pochi, e ognuno vive in una casetta diversa.

Quella mattina mi sveglio presto. Mi sveglio sempre presto quando a scuola devo fare qualcosa di bello.
Mi sveglio ma mamma non c'è, e nemmeno papà. 
E' strano perché mamma si sveglia sempre prima di tutti.
Sento dei rumori in camera da letto.
Oggetti che cadono, urla, papà che si arrabbia con mamma.

Sono abituata a queste cose, le vedo da sempre.
Mamma dice che papà ha un brutto carattere e che noi dobbiamo avere pazienza. 
Io però non ho pazienza, ho paura.

E ho paura quando sento la porta aprirsi e vedo mamma uscire.
Pallida, con un rivolo di sangue che le esce dal naso, un altro dalla bocca.
Lividi sulle braccia, sul collo, sugli occhi.

E piango. Non posso fare altro.
Piango e mi odio perché so che quello che ha fatto male a mia mamma è il mio papà.
Ho nove anni, devo stare al posto mio.

Lo vedo uscire dalla stanza, pallido, labbra serrate.
Lo guardo e mi chiedo perché.

Oggi non vado a scuola.

I giorni passano, a casa va sempre peggio. 
Ormai la routine è: papà torna, si mangia in silenzio, mamma e papà si chiudono in una stanza e lui grida, la minaccia, la insulta.

Mamma è sola.
Papà non vuole che abbia amiche e mamma le ha allontanate per stare con lui.

Mamma ha bisogno di aiuto, non sa con chi parlare.

Andiamo dai carabinieri, lei piange e fa vedere i lividi.
Ci raggiunge papà e il carabiniere dice "dai, fate pace". 
Mio padre dice che sì, ora va tutto bene, è stato un momento.
Il carabiniere ci dice "se succede di nuovo chiamateci".
Certo, sarà fatto. Arrivederci e grazie.

Mamma ha ancora bisogno di aiuto.
Quel pomeriggio andiamo a scuola, mamma ha appuntamento coi miei maestri.

Sua figlia è strana.

Non segue.

Non mangia.

Non parla con nessuno.

Non studia.

Si morde i polsi fino a farli sanguinare.

Perché?

E mamma si chiude in un'aula coi maestri e parlano.
Perché mi lasciano sempre fuori?

Dopo un po' esce il mio maestro con gli occhi lucidi e mi porta davanti al cartellone con le casette incollate dei miei compagni.

Dov'è la tua casetta?
Non c'è.
Perché no?
Quel giorno non sono venuta a scuola.

Papà va via di casa per qualche giorno, dice che ha un'altra donna.
Chiama di notte, dice che ci ucciderà.
Torna a casa, ha portato dei regalini per me e mio fratello.
A me ha portato una spada rosa che si illumina. Un giocattolo orribile, preso per due spiccioli da qualche ambulante.
Non mi conosce affatto, a me non piacciono le spade.
Ma è rosa!
Ma mi fa schifo lo stesso.


Papà torna a casa.

Routine.


Flashforward.


25 novembre 2014.

giovedì 20 novembre 2014

io amo Lory Del Santo: recensione di The Lady -ep.1



Il primo passo per superare un problema, si sa, è ammetterlo.
Ammetto di aver sempre avuto problemi nell'ammettere di avere un problema, il che -se ci pensi- è un primo passo. O un embrione di primo passo. Un passettino, un saltino, una piroetta, un qualcosa che mi permette di fluttuare nei pressi di una soluzione.
Il fatto è che ogni volta mi dico "smetto quando voglio", ma poi puntualmente ci ricasco.

Ho cercato aiuto, ci ho provato mille volte, ma il seme del vizio e della dipendenza è talmente radicato in me che ogni mio tentativo si rivela fallimentare, in tempi da record.

Che poi, a dirla tutta, la colpa è della società.

Sì perché se io cerco di uscire dal loop dei video imbeidioti e YouTube puntualmente mi mette tra i "consigliati" le compilation dei cani colpevoli (i miei video preferiti in assoluto),  io divento impotente.

Ma tutti hanno il diritto di sognare una vita migliore, per questo quando per la prima volta mi è giunta notizia di una web-serie firmata Lory Del Santo la prima cosa che ho fatto è stata non pensarci.
Ignora la tentazione.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
O almeno così credevo.

Sì perché con internet le storie d'amore non finiscono mai.

E' come quando lasci qualcuno. Lo elimini dagli amici, lo blocchi, ma puntualmente un tag, una fotografia, un like messo ad un amico in comune tornano come tante spine di cactus a trafiggere il tuo cuoricino che credevi guarito, rigettandoti nel fiume in piena dei ricordi, che tanto meticolosamente avevi arginato con mattoncini fatti di buona volontà, self control e amor proprio uniti da quella magica colla che è il tempo.

Dicevo, internet è un memento continuo. Un perenne post-it di Francesco Sole che ti ricorda chi sei stato e chi probabilmente sei ancora.

E io sono un'amante delle cose senza senso. Un'amante del trash, una collezionista di altrui vergogne, una cacciatrice di casi umani.

Ed è dunque così che, dopo giorni di strenua resistenza, la vostra cara affezionatissima ha ceduto all'ennesima tentazione -complice l'infame cancellazione di tutti gli episodi di Sogni D'Amore- e si è concessa il peccaminoso click.

Siccome il motto di questo blog è "happiness is real only if shared", ho deciso di pubblicare qui delle mini recensioni-analisi che mi permettano di sfoggiare con tracotanza la competenza da (quasi) Dottoressa in Lettere, curriculum Cultura Teatrale, faticosamente acquisita in tr...coff coff...quattr...coff coff, anni di triennale.


THE LADY - l'amore sconosciuto

Episodio 1:


E' chiaro, sin dal primo fotogramma, che la protagonista incontrastata di questa perla del cinema homemade è una donna - come del resto era intuibile dal titolo stesso dell'Opera-, e che questa donna vive il tormento di un animo inquieto che tende a palesarsi quando questa si trova, vestita solo di pizzi e della sua sensuality, su uno dei numerosi balconi di uno a caso dei suoi numerosi palazzi.
Non sappiamo chi sia, cosa faccia (cosa che non sapremo con certezza essenzialmente MAI) o come si chiami. L'episodio inizia e noi veniamo catapultati nel primo dei numerosi flussi di coscienza di The Lady, in un filosofico battesimo di sangue:

"Ho sempre avuto paura di vivere. Ho toccato il confine del dolore, ma ho anche avuto il coraggio di combattere"

Dopo questa ammissione di forza, una serie di scene che, tra marchette a Louis Vuitton, a Chanel e inquadrature a poppe, culo, poppe e ancora culo, ci aiutano a entrare ancora più a fondo nel complesso personaggio di The Lady. 

Durante la lunga ed ostentata scena della vestizione, un primo inquietante dettaglio ci scaraventa crudelmente in quello che è il vero tema della serie: il dramma dell'inquietudine. Infatti, uno specchio cade e si frantuma ai piedi della Lady, senza un apparente motivo, facendola sensualmente trasalire.

Seguono due minuti e passa di scene ridondanti in cui essenzialmente The Lady passa da una camera all'altra vestendosi con gattamortaggine ostentata, facendomi partire in automatico il confronto con me stessa e con il mio modo di affrontare una nuova giornata: la Lady con la borsa Vuitton, io con lo zaino preso a 15 euro da Accessorize; lei con lo Chanel N°5  che si nebulizza sensualmente contorcendosi tra lenzuola di seta, io col Neutro Roberts; lei che si affaccia in lingerie e ammira la skyline di Milano, io che tiro su la tapparella della mia finestra e ammiro il quartiere Libertà; lei che si pompa con frasi cazzute tipo "ogni giorno affronto il mio destino, ma non mi lascerò corrompere!", io che partecipo a involontarie ice bucket challenges sotto la doccia e nomino Gesù Cristo e la Madonna.
D'altronde, se lei è una Lady e io sono io, un motivo ci sarà.

The Lady esce dal suo grattacielo e subito scopriamo che, nonostante l'aria da dura e le frasi alla io-basto-a-me-stessa, la nostra La Signora fa parte di quella schiera di donne che ritiene ancora che la più sincera forma di complimento sia l'erezione maschile.
Circondata da manzi palestrati più o meno inquietanti - da notare la presenza di un tamarro sfregiato che la spia in modo tutt'altro che discreto accucciandosi dietro colonne e muretti come se partecipasse a una versione adulta di nascondino-, The Lady si fa scorrazzare in auto per fare essenzialmente il giro dell'isolato.
Notevole il breve dialogo col suo tamarro-autista:

"Devo vedere un amico al palazzo dei congressi, mi ci porti."
"Signora, per lei farei qualsiasi cosa"
"Il suo english humor non la lascia mai!"

Dopo un brevissimo tratto in auto fatto di sguardi spermatici del suddetto autista, The Lady scende e incontra il suo amico, che le dice immediatamente di amarla, ricevendo in risposta un "sei molto sexy, voglio tenerti nella mia vita". Che sia questa un'analogia col personaggio realmente esistente della stessa Lory, notoriamente attratta dai toy-boys?

Scopriamo subito che lo sfregiato non è l'unico stalker della Lady: infatti, in sella alla sua moto, ecco spuntare uno dei volti simbolo della mia adolescenza, ovvero l'ex tronista Costantino Vitagliano.

Ricordo i bei tempi in cui partecipai a una festa di compleanno il cui tema era "Costantino e Daniele": i loro unti corpi erano stampati sulle tovaglie, sui fazzoletti, su piattini e bicchieri e, ovviamente, sulla torta. Un paio di ragazze si presero a ceffoni e si tirarono i capelli per accaparrarsi la parte di ostia con la faccia di Costantino, snobbando quell'altro, come se mangiandolo avrebbero acquisito la loro forza vitale, un po' come gli indiani che bevevano dai crani dei loro nemici. Ma vabbe, sto divagando.

The Lady e il suo amico fanno quattro passi, lui la ferma e parte un altro dialogo pregno di senso:

Amico: Lona, hai dei viaggi in programma?
The Lady: Sì, Capri. Devo andare per seguire un servizio fotografico: una campagna di costumi da bagno. Poi mi fermo a Napoli per incontrare un nuovo cliente, e poi Parigi!
Amico: Lona, ma che cos'è l'amore per te?
The Lady: Frammenti di tante emozioni. Dai andiamo che faccio tardi

Cambio scena, ufficio.

Un improbabile servo cingalese annuncia un non meglio identificato "uomo" alla segretaria cozzala di Lona.
L'uomo misterioso entra: pantalone bianco, camicia aperta a mostrare il petto di pollo, capello stirato e mechato con annessi occhiali da sole specchiati modello saldatore.
Capiamo che i due sono fidanzati ("cosciotta mia, come ti desidero" dice lui in preda a un vento di erezioni) e li vediamo amoreggiare in ufficio, dimenandosi come talpe cieche a ritmo di un'adattissima samba di sottofondo.

Dopo quattro secondi netti di strusciamento, intuiamo il vero motivo della visita del trucidino: 
Trucidino "la signora c'è?"
Segretaria "no, è in viaggio"
Trucidino "ah ok, ci vediamo"
E sparisce nella notte.

Una successiva misteriosa telefonata tra la segretaria e la Lady ci fanno capire che c'è qualcosa di top secret nell'aria.

Proprio mentre penso che il mio cuore non può reggere altro mistero, ecco un'altra scena Madre:
Il trucidino esce e incontra un suo amico, che altro non è che un espediente narrativo per permettere al suddetto trucidino di svelare il suo piano malvagio nonché le sue reali intenzioni, in una specie di villain song senza song targata Del Santo:

"sono indaffarato, ma non più di tanto. Sto curando la mia fidanzata. [...] compiace i miei istinti animaleschi, diciamo. Ma ti faccio una confidenza: lei per me è solo un gioco, io voglio la sua boss, la Lady [...] e per inciso, non ho scrupoli."

I due si congedano.

The Lady torna a casa e trova Costantino - che qui si chiama Luc- che, senza troppi giri di parole, l'afferra e la scuote, accecato dalla gelosia.


"Voglio farti vedere cos'è un vero uomo, DEVO METTERTI IN RIGAAAA!"

Lona si tocca la guancia sensualmente, ad attenuare il dolore di uno schiaffo che non ha mai ricevuto.


"Talvolta nella vita, si paga di più per quello che non si è commesso"

Cambio scena, palestra.

Ormai abituati all'uso indiscriminato di personaggi secondari utilizzati come espedienti narrativi per raccontare cose che altrimenti avrebbero tolto pellicola a poppe, culo, tette e chiappe; assistiamo a un breve ma conciso racconto della background story di Lady ad opera di un pompatissimo personal trainer: 
"suo marito è scomparso nell'Oceano col suo aereo privato. Era ricco sfondato, però non hanno mai trovato il corpo! (chi dice che il misterioso marito scomparso tornerà inaspettatamente nelle prossime puntate alzi la mano) Tanti misteri la circondano, è una leggenda. Un passato top secret e un futuro molto complesso."


Inutile scena in cui a The Lady non prende il digitale terrestre

Segue telefonata tra Luc e Lona, in cui lui inizialmente gioca la carta del "fingiamo che ieri non sia successo nulla" esordendo con un "ciao amore!", ma subito dopo comprendiamo le dinamiche complesse che vigono all'interno di questa coppia:
lui non ha un lavoro, lei lo stravolge.
A lei piace flirtare con gli uomini, lui dovrebbe arrendersi e accettarlo.
Lei non lo tradirà mai, ma vuole sentirsi libera di troieggiare.

"tiri fuori la bestia che c'è in me" dirà, il povero Luc.

Inutile scena in cui gli autisti sognano un improbabile futuro da vips.

Cambio scena: immancabile terrazza con Lona e generico uomo d'affari che parlano appunto di affari:

"ho calcolato che con questa operazione possiamo guadagnare un'abnormità di soldi"
Fine del colloquio.

Cambio scena: le cosce incremate di Natalia Bush, che qui interpreta Charlotte, la best friend della Lady.

"che destino, mi innamoro sempre degli uomini sbagliati"
"ehhh allora deduco che per innamorarsi gli uomini deveno essere sbaliati!"
"AHAHAHAHAHAH! Hai un grande senso dello humor"

Ancora una volta, Lona, dimostra di non avere la minima idea di cosa sia lo humor.

Scena finale in cui i due autisti riflettono su quanto sia problematica la lovestory tra Lona e Luc e sottolineano il fatto che lei viva in un "grattascielo" tutto suo.

Fine prima puntata.







mercoledì 12 novembre 2014

con ogni probabilità sto per morire e quindi, miei lettori, vi lascio questa pesante eredità

tutto è cominciato quando ho deciso di cambiare smalto.
dopo tre giorni di azzurro cielo, volevo qualcosa di più autunnale: un grigio, un tortora, un fango, un marrone. Sì, un dannatissimo marrone.
ho notoriamente un problema con gli smalti marroni: ogni volta che li metto mi viene una tremenda e implacabile voglia di cioccolata. Davvero, è più forte di me. Vedo quel bel marrone denso e corposo sulle mie unghie -che faticosamente hanno riguadagnato una lunghezza dopo mesi di smangiucchiamenti dovuti ai miei psicodrammi- e mi parte in testa la sigla del ciobar.
ora, fin qui tutto normale e risolvibile, se non fosse per due piccoli ostacoli:

1) sono vegana, ergo la maggior parte delle cioccolate esistenti sul pianeta mi sono vietate
2) sono allergica alla frutta secca, e questo esclude quella minima parte di cioccolato sul quale - teoricamente -potrei mettere le grinfie.

sono dunque condannata a condurre un'esistenza priva delle gioie dell'ossitocina o più poracciamente del cacao?

probabilmente sì, e non sarebbe neanche male considerando che teoricamente starei seguendo una tristissima dieta a base di seitan, cous cous, verdure, privazioni e dolore.

però, come diceva Oscar Wilde, posso resistere a tutto tranne che alla cioccolata quando indosso uno smalto marrone.

mi sono dunque prodigata nell'affannosa ricerca di cioccolato in casa mia, con scarsissimi risultati.
ma proprio mentre ero sul punto di collassare, gettarmi sul pavimento e piangere bestemmiando in cinese, noto in frigo una tavoletta di cioccolato vegan. Una di quelle barrette di fondente amaro come la vita che costa un occhio della testa perché prodotto in brasile da contadini provenienti da una delle ultime comunità azteche ancora esistenti e che utilizzano l'antica tecnica di raccolta delle fave di cacao mentre cullano macachi e cantano canzoni d'amore e speranza ai cuccioli d'elefante. Roba bio-eco-ethic-equosolidale insomma.

Frettolosamente leggo gli ingredienti, alla ricerca dell'inghippo che, puntuale come un post razzista di Salvini, infrangerà miseramente i miei libidinosi sogni a base di cioccolato:

Può contenere tracce di latte, mandorle, noci, nocciole, frutta a guscio.

Che dire.

In questi momenti, l'unica cosa da fare è rivedere un attimo le proprie priorità:
meglio un piacere effimero e passeggero che probabilmente mi porterà -nel migliore dei casi- a riempirmi di bolle e a gonfiarmi come un rospo o -nel peggiore- a morire di un'orribile morte per soffocamento; oppure mi conviene riporre la stecca di cioccolato e tornare a studiare per l'esame di linguistica generale che ho tra meno di un mese e del quale ho visto sì e no il primo irrilevante capitolo (ovvero quello sui bonobi che a quanto pare usano le loro basilari abilità comunicative per procacciarsi vagina, un po' come hanno fatto -o tentato di fare- la maggior parte dei maschi che si sono parati sulla mia strada)?

In un primo momento, decido di optare per la seconda.

Come tutti i miei buoni propositi, anche questo si è sfracellato contro il muro della mia viziosità nel giro di pochi minuti ed eccomi qui a scrivere essenzialmente il mio testamento (anche perché mio fratello ha detto che qualora dovessi star male non chiamerà i soccorsi perché sono una stupida scema che non sa tenere a bada il suo stomaco.):
tanto per cominciare, a mio fratello non lascio un cazzo di niente così impara a non eventualmente soccorrermi.

Detto questo, sono passati svariati minuti da quando ho mangiato quel singolo quadratino di eco-bio-veg cioccolata, quindi direi che sono abbastanza fuori pericolo, ergo trovo inutile continuare a scrivere il mio testamento.

Giusto così, per ogni evenienza, sappiate che voglio donare tutti i miei organi tranne la vescica -dal momento che ha la capienza di quella di un Chiuaua e quindi temo sarebbe molto poco utile- e le tette, perché quelle le amo e le voglio con me per sempre.