martedì 25 marzo 2014

random facts about me: di quella volta che fui espulsa dall'asilo (e sì, è una storia vera)

C'ero una volta (e ci sono ancora) IO!
Una io di circa 18 anni più piccola, un metro e nonvogliosaperequanto più bassa e svariati kg più leggera.
Una Io di quattro anni, insomma.

Avevo quattro anni e dovevo andare all'asilo. I miei genitori, pur non passandosela benissimo economicamente, decisero che la loro piccola meritava la migliore educazione che quella splendida metropoli di capre che è Valenzano poteva offrire. Scelsero dunque di iscrivermi in un asilo privato.

I bambini erano antipatici.
Rampolletti inamidati che "se non hai la bambola che parla non puoi giocare con noi", tutti Fruttolo e giocattoli nuovi coi quali non riuscivo a fare amicizia. Parlavo solo con una bambina credo Russa, reietta come me. Credo che la mia carriera di raccatta-casi umani abbia avuto inizio in questo periodo.

Dicevo, gli altri bambini erano antipatici e noiosi.
Le maestre erano peggio.
Ricordo con angoscia le ore passate a giocare a "farfallina" o al "mulino" (che erano essenzialmente la stessa cosa e consistevano nel girare le mani appunto tipo mulino e cantare -a seconda del gioco che stavamo facendo- la canzone del mulino o della farfallina dannatissima); quei noiosi fogli col disegno già stampato sopra  che dovevamo colorare e la stramaledetta pausa merenda in cui quegli obridi dei miei compagni tiravano fuori i loro puzzolentissimi vasetti di Fruttolo e li mangiavano sbavando e spargendo yogurt ovunque.

Ricordo che fuori dalla nostra aula c'era un corridoio sul quale si affacciavano le altre classi e i bagni. Trovavo sempre mille scuse per andare in bagno e nel frattempo escogitare piani malvagi per scappare dalla finestra, insieme alla mia bambolina mia unica amica e confidente. Le parlavo, la rassicuravo e le dicevo che presto saremmo scappate da quel posto infernale e saremo tornate da mamma a giocare e a vedere le videocassette della Disney.

Un bel giorno, durante le mie peregrinazioni al bagno, notai che la porta di una delle classi era aperta e che nell'aula c'erano bambini più grandi che scrivevano su dei quaderni le parole che la maestra scriveva alla lavagna.
Decisi che volevo farlo anch'io, perché la routine "farfallina-mulino-fruttolo" mi stava devastando.

Quando tornai a casa, chiesi a mamma di comprarmi un quaderno e di scrivermi le lettere dell'alfabeto sulla prima pagina, in modo da farmele ricopiare e imparare.
Il giorno dopo, andai all'asilo col mio quadernetto, lo nascosi nel grembiulino e chiesi di andare in bagno.
Entrai nell'aula dei grandi e la maestra mi chiese subito cosa ci facessi lì. Dissi che la mia maestra mi aveva dato il permesso e iniziai a seguire la lezione dei grandi.
Poco dopo, arrivò la mia stronzissima maestra arrabbiandosi come una iena con me perché "dovevo stare con quelli della mia età".
Provai a spiegarle che mi annoiavo e che volevo imparare a scrivere ma nulla.
Non volle sentire ragioni nemmeno quando mia mamma le chiese di farmi provare a seguire le lezioni dei "grandi" almeno per qualche giorno.

Così, decisi di ribellarmi.
Non so per quale motivo nè cosa mi frullasse in testa all'epoca, ma iniziai a comportarmi come se fossi un gatto: camminavo a quattro zampe, mi "pulivo" leccandomi per finta la manina e passandomela sulla testa, saltavo sui tavoli e sulle sedie, mi acciambellavo sul pavimento o sulla cattedra e quando mi si rivolgeva la parola rispondevo con "miao" e ai rimproveri rispondevo soffiando e graffiando.
Non so davvero per quale motivo decisi di diventare un gatto, mi sembrava un modo intelligente di protestare.

Le maestre erano preoccupate e scocciate da questa situazione, le sentii più volte parlare addirittura di autismo  (che all'epoca non sapevo cosa fosse, ma me lo feci spiegare da mamma e ovviamente ci rimasi male, ma volevo comunque averla vinta quindi continuai a miagolare e graffiare).

La cosa andò avanti per diversi giorni, finché le maestre non convocarono mia madre dicendole che forse quello non era il posto adatto a me.
Fu così che zompai un anno di asilo.

Miao!

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