domenica 28 luglio 2013

Sto vivendo un momento adolescenziale

Più vivo, più mi rendo conto di avere un "ritardo" di due-tre anni rispetto ai miei coetanei.
Non parlo di ritardo mentale, per tutti i supersimpa in vena di battute scontate che mi leggono.

Parlo di un altro genere di ritardo, che non riesco a spiegare chiaramente. Sarà il caldo, sarà che mi annoio, sarà che sono giorni che faccio sogni discutibili, sarà che mi rallegro per i motivi sbagliati, sarà che mi ostino a non andare avanti e a vivere in funzione di cose che boh, per ora non hanno fatto che distruggermi e deviarmi.

Tornando al ritardo, parlo di esperienze. Ritardo nel fare alcune esperienze. Il primo viaggio in auto, la prima nottata, la prima canna, la prima volta, il primo pranzo interamente cucinato da me (nb: queste appena elencate non sono cose fatte negli ultimi 15 giorni, eh. Parlo di cose dilazionate in anni e anni di vita).

Vabbè sì, mi rendo conto di non essere chiarissima, ma alla fine che mi frega? E' il mio blog, scrivo quasi solo per me quindi sticazzi.


Come ogni estate mi parte la fisima del non essere in grado di ripagare l'amore con altro amore.
Ogni giorno ricevo amore. Amore puro, che non chiede nulla in cambio. Ed è proprio questo a farmi impazzire. Questa gratuità, questo ricevere senza bisogno di dare.
Eppure sono stata tante volte dall'altra parte, tante volte ho amato -o forse ho solo creduto di farlo, ancora non ne vengo a capo- senza chiedere nulla.
E sono state le volte in cui mi sono sentita più appagata, più un pace con me stessa.
Perché?
Sarà forse che è meglio essere in credito che in debito, o sarà che ci si lava la coscienza più facilmente e i sensi di colpa spariscono.

Stanotte ho fatto un sogno strano. Un cassetto che ho sempre voluto aprire, nel quale ho sempre voluto curiosare, nel quale ho sempre avuto paura di finire.
Lo apro, dentro ci sono lettere, oggetti, foto e un quaderno a quadretti grandi, come quelli che si usano in prima elementare. Lo apro. Solo le prime pagine sono scritte.
C'era una specie di poesia, un qualcosa che suonava come: se credi che non stia soffrendo, devi sapere che se per te è stato un tuono, per me la tempesta; se per te è stata un'ustione provocata da una fiamma, io ho vissuto nell'Inferno.
Cose così.
Sarà che mi sono addormentata con lo stesso desiderio che coltivo e nutro insensatamente da troppo tempo.

Conto davvero così poco nella vita delle persone?
Questo andare avanti ossessivo, a tutti i costi, senza soffermarsi un secondo su chi o cosa c'è stato prima, mi terrorizza e mi atterrisce.
Mi fa sentire piccola e sola in un angolo buio nel quale vorrei rifugiarmi e dal quale vorrei scappare allo stesso tempo.
Forse sono io che non sono in grado di lasciare il segno?
Forse sono io che mi sono sempre sopravvalutata, quando in realtà non sono altro che una persona uguale a mille altre convinte di essere "diverse"?
Forse.

Non sono triste, nè felice e questa cosa mi esaspera. Cerco qualcosa senza effettivamente cercarla; desidero cose senza muovere il culo e andarmele a prendere. Sono come le persone che odio, quelle che parlano e parlano, elaborano teorie e tesi, criticano, giudicano e non fanno nulla. Fare e dire sono due cose diverse e lo sto imparando solo adesso, probabilmente in ritardo rispetto ai mei coetanei -che pur non fanno nulla-.
Non ho la forza (o la voglia) di fare quel che dico di volere. Domani, domani, domani.
Da domani mi metto a dieta.
Da domani studio seriamente.
Arriva domani e fa sempre troppo caldo o troppo freddo per vivere.
Provo a pensare a cose che mi distraggano, provo a trovare qualcosa che mi piaccia fare ma nulla, nulla mi distrae dal nulla.
Nel nulla c'è tutto e non c'è niente, e io mi ci perdo.
 Esco spesso, a casa non ci sono quasi mai. Eppure mi rendo conto che è solo una distrazione, che sto solo perdendo tempo e la cosa non mi porterà da nessuna parte.
Torno a casa e il peso di quello che ho in testa mi schiaccia e mi soffoca. Ho bisogno d'aria, ho bisogno di pensare a me. Chi sono? Cosa voglio?
E sto iniziando a pensarlo seriamente adesso, a 22 anni.
Spero di non essere troppo in ritardo.

giovedì 25 luglio 2013

I miei svenimenti celebri

1. "Mio fratello si credeva un gatto"

Credo che questo sia stato il mio primo svenimento in assoluto.
Non so quanti anni avevo, presumo dai 5 ai 7.
Ero in macchina con mamma e mio fratello, avevamo appena parcheggiato per andare dal parrucchiere (mi piaceva andarci, perché quel brav uomo aveva attrezzato la sala d'attesa con una piccola tv e una PlayStation tarocca, quindi mentre mamma si tagliava/tingeva/qualunquecosafacesse i capelli, io non mi rompevo le palle).
In quel periodo, mio fratello era convinto di essere un gatto e indovinate un po' chi era il suo graffiatoio -si dice così? Esiste questa parola? Mi scoccia googlare- preferito? Esatto, io.
Mi ricordo che avevo una crosticina sul braccio (era estate, avevo una canottierina a strisce colorate), e che quella crosticina era lì perché quell'animale di mio fratello mi aveva sferrato uno dei suoi graffi micidiali.
Mi ricordo che mi venne il priscio di levarmi quella crosticina.
Mi ricordo che la levai e la guardai. Poi posai lo sguardo sulla ferita e vidi una minuscola goccina di sangue uscire. Quando dico minuscola, intendo dire MINUSCOLA. Avete presente quando vi schiacciate un brufolo ed esce la goccina di sangue finale che significa "il pus è uscito tutto, smettila di spremermi!"? Ecco. Lo stesso misero quantitativo di sangue.
Mi ricordo che mi si annebbiò la vista, mi fischiarono le orecchie e mi accasciai su mia madre. Non potevo muovermi, ma sentivo mamma che urlava "AIUTO AIUTO MIA FIGLIA E' SVENUTA!" a un vecchietto in motorino che aveva le cuffie e quindi non le diede ascolto. Dopo poco rinvenni e mamma preoccupata mi chiese cosa fosse successo. Quando le feci vedere il micro-goccino di sangue, mi mandò a cagare.

2. "Spruzzatina di occhio"

Avevo credo al massimo 9 anni. Ero con la mia famiglia all'Auchan, che aveva aperto da poco. Eravamo nel reparto profumi poracci (quei profumi da pochi euro che hanno tutti lo stesso nauseabondo odore) e c'erano i tester, che per me erano una novità assoluta. Decido di provare qualche profumo e, da cretina qual sono, mi punto l'erogatore in faccia. Il profumo mi finisce dritto in un occhio, che inizia a bruciare manco l'avessi gettato tra le fiamme di Mordor. Lo stropiccio per dieci minuti buoni, poi con nonchalance vado da mio fratello che appena mi vede urla scandalizzato "che ti sei fattaaaa? Hai tutto l'occhio rossooo!!!".
Inizio a star male, ad avere giramenti di testa. Usciamo dal centro commerciale (i miei anche stavolta non avevano idea di cosa fosse successo). Nel frattempo mio fratello saltellava canticchiando "spruzzatina di occhio! Spruzzatina di occhio!".
Raggiuingiamo una panchina e mi ci stendo, con le braccia incrociate sul petto come Biancaneve. Inizia ad avvicinarsi gente. Perdo i sensi, ma continuo a sentire. Sento un uomo che chiede a mia madre cosa fosse successo e se fossi sua figlia (era l'epoca in cui "gli zinghiri rubbano i bambini). Dopo un po' riprendo conoscenza. Stessa scena di prima: mamma mi chiede cosa è successo, le dico che mi sono spruzzata del profumo nell'occhio, vengo mandata a cagare.

3. "Karate-girl"

Avevo 12 o 13 anni. Da poco ci eravamo trasferiti a Bari ed eravamo alla spasmodica ricerca di uno sport da fare. Mio fratello decise di iscriversi a Karate e io, affascinata dall'Oriente e dall'idea di poter diventare la Bruce Lee del quartiere Libertà, decisi di fare una lezione di prova.
Non so per quale ragione, il maestro decise di mettermi nel gruppo delle cinture nere/marroni.
Nello spogliatoio feci amicizia con alcune ragazze, tutte ipercazzute nei loro kimono immacolati, mentre io indossavo una T-Shirt delle Winx.
Andiamo in palestra. Il maestro inizia a urlare cose in giapponese -presumo- e a ogni suo latrato gli allievi rispondevano con un'azione precisa. Corsa, calci, pugni ecc. Provo a imitarli (con scarsi, scarsissimi risultati). Dopo questa prima fase di panico (e già iniziavo ad avvertire il tipico dolore al fianco che tutti noi flaccidi ben conosciamo), lo stradannatissimo maestro ci ordina di fare una cosa come 50 giri di campo di corsa.
Al terzo giro, mi accascio al suolo e svengo.
Non misi mai più piede in quel luogo.

4. "Il prelievo"

Premetto che ho il terrore degli aghi.
Avevo 20 anni suonati, dovevo fare le analisi del sangue.
Inizio ad avere paura e a fare incubi già da una settimana prima.
Arriva il fatidico giorno. Mi fanno sedere, porgo il candido braccino all'infermiera.
Dopo tre secondi è finito tutto. Mi danno dell'ovatta per tamponare la ferita.
In corridoio, guardo l'ovatta e noto una macchiolina di sangue.
Raggiungo la prima sedia che trovo e svengo.


5. "Svenire dal freddo...a inizio Settembre"

Come forse avrete capito, abito a Bari. Bari è una città tendenzialmente calda e in estate ci sono 40° all'ombra.
Era metà settembre, ero in giro con i miei amici e tremavo di freddo. Era una serata fresca, leggermente fresca, ma io stavo congelando.
Svengo per il freddo.

* postilla: all'epoca (ovvero appena 10 mesi fa) mangiavo molto poco. Quindi è probabile che lo svenimento fosse causato da questo. In ogni caso è divertente dire che sono svenuta dal freddo a settembre.


6. "La piadina"

Qualche mese fa.
Ero in cucina coi miei e stavamo pranzando. Siccome non avevo molta fame, mi preparai una piadina con fesa di tacchino e insalata.
Quando mi scoccia mangiare, inizio a ingoiare il cibo praticamente senza masticarlo, come un'anatra.
Mi capita un pezzo piuttosto grande di piadina che inghiottisco a fatica. Lo mando giù, ma nell'ingoiare mi ero fatta male.
Molto male.
Mi alzo da tavola.
Poi mi sveglio e mi ritrovo per terra, con le guance doloranti e i miei che dicono cose che non capisco.
E' stato il primo svenimento figo della mia vita. A parte il motivo stupidissimo, è stato figo risvegliarsi a terra senza sapere che straminchia fosse successo. E' stata la prima volta che sono svenuta perdendo TUTTI i sensi (udito compreso, che fino ad allora era sempre rimasto).





Ho finito di umiliarmi, andate in pace.

giovedì 11 luglio 2013

Sonostupida

Riflettevo: sin da quando ero piccola, ho sempre snobbato qualunque cosa richiedesse "impegno" ed esercizio PER MIGLIORARE. In fondo ho sempre creduto che se sai fare una cosa, la sai fare e non hai bisogno di esercizio. Se non la sai fare, se non sei portato, puoi anche sbatterci la testa mille volte ma sarai sempre più pippa di chi la cosa la sa già fare per inclinazione naturale.
È stupido, va in culo alla meritocrazia e all'evoluzione, ma in fondo l'ho sempre pensato e, per quanto mi sforzi di cambiare idea, so che lo penserò sempre. 


mercoledì 3 luglio 2013

Un altro motivo per cui non sarò mai una buona madre

Non sopporto recite/saggi di fine anno e cose simili.
In questi ultimi tre giorni ho partecipato alla "maratona" di saggi della mia scuola di canto e, mi duole dirlo, per ogni cantante decente, ce n'erano almeno otto che facevano asfaltare. In alcuni momenti si è sfiorato il ridicolo, sembrava di stare alla sagra della focaccia, oppure in quella scena -forse l'unica divertente- di "Cado Dalle Nubi" di Checco Zalone in cui durante un matrimonio Caparezza viene costretto a duettare con la "cugggina" di Checco: "dimmi perché piangiii" "di felicitààèèàèàè".
Ai limiti del grottesco.
Eppure la sala era gremita di genitori orgogliosi che, armati di iPad/iPhone/Reflex/macchinette usa e getta (quest'ultima è prerogativa dei MIEI genitori. Davvero, io non so nemmeno da dove diavolo le comprino, eppure ad ogni occasione ne tirano fuori una e scattano foto come se non ci fosse un domani, facendo un casino infernale con la rotellina TTTRRAAAKKK TTTTRRAAAAK TTTRRRRAKK CLICK!. E ovviamente alla fine le foto vengono di merda) riprendono stoicamente la performance del loro bimbo o della loro bimba. Quando dico bimbo/a, intendo anche cazzoni che vanno per la 30ina, eh.
Alla fine di ogni esibizione, il cantante-incubo di turno correva dai suoi genitori/amici adducendo ottomila scuse "madòòòò ho cantato male, ma non è stata colpa mia! Il batterista ha sbagliato l'attacco/il pianista ha suonato un tono sotto/dal palco non si sente/ero agitata/avevo la luce del riflettore negli occhi/mi facevano male i piedi/ho mal di gola/l'aria condizionata era troppo forte/durante l'acuto finale mi sono ricordata che sono tre giorni che non riempio la ciotola al gatto".
A queste scuse, seguiranno una serie di melliflui "noooo ma che dici?! Hai cantato benissimo! Non si è sentita per nulla quella stecca, tranquilla! Sei stata la migliore -non perché sei mia figlia, eh!!!". Di solito a questi elogi palesemente fasulli partecipano anche gli insegnanti e onestamente se fossi in loro, al posto di farcire le mie allieve di complimenti manco fossero tacchini della festa del ringraziamento, elargirei saggi consigli del tipo "datti all'allevamento di giaguari/ fai la ceretta ai bombi/ tieni questi pastelli a cera e disegna arcobaleni finché non ti si calcificano le falangette/ trova lombrichi e baciali sperando di beccare la bocca e non il buco del culo/ usa i soldi che sprechi per le lezioni di canto per comprarti qualche grammo di cocaina che fai meglio".

Ecco, se fossi un genitore, questa farsa non riuscirei a reggerla.

"Mamma, mamma! Ti piace come ho cantato?? Sono stata brava??"
"No. Ora sali in macchina e vedi di non fiatare. Con la voce sgraziata che ti ritrovi non ti prendono nemmeno a fare gli annunci nei centri commerciali."

E' più forte di me, odio i falsi complimenti.

Come quando incontro qualcuno dopo tanto tempo e mi sento dire (SEMPRE) "ooohh ma sei dimagrita tantissimo!!!".
Questa cosa va avanti da anni e i casi sono due:
O effettivamente sto dimagrendo costantemente da 3-4 anni e non me ne accorgo, quindi ho sì e no un annetto di tempo prima di pesare quanto un fardello di acqua Fabia;
Oppure prima pesavo 130kg e non lo sapevo.

No, davvero, non riesco ad essere falsa su certe cose. Posso fingere di avere un interesse, di aver studiato qualcosa, di essere superamica di qualcuno, posso anche fingere un orgasmo, ma i complimenti NO. Non riesco a farli. Quelli o mi vengono dal cuore, oppure quando li dico mi viene automaticamente una faccia che oscilla dallo schifato all'imbarazzato (con sfumature di crudeltà e cattiveria).

Per questo preferisco optare per la sincerità ad ogni costo:

" Ciao Noemi! Ti trovo dimagrita"
"Grazie, vorrei poter dire lo stesso di te"
(sì, è successo davvero. Più di una volta)

Se fai cacare, fai cacare.