giovedì 10 dicembre 2015

Fifty shades of Groupie


Oggi mi ha presa male. Sto passando la serata sola a casa e non trovo consolazione nemmeno nella playlist di Spotify “SADDEST COUNTRY MUSIC SONGS EVER!” che di solito mi tira su di morale. Non perché ami il conutry, né perché le canzoni mi mettano di buon umore (o non farebbero parte della playlist “SADDEST country music songsblabla”). È che creano atmosfera, capì? Questi che si sbronzano di whiskey e si dimenticano il cavallo fuori…


Dicevo, oggi mi ha presa male e quindi la cosa più razionale e adulta da fare è trovare un capro espiatorio e svomitazzarci bile sopra, just for fun.
Chi mi conosce, sa che l’unica categoria umana che ritengo più opinabile delle sbarbine che si sentono guru del BDSM solo perché a letto si fanno sculacciare e prendere a cinghiate in pieno delirio da post-50 Sfumature di Grigio è lo scellerato macrogruppo delle fangirl.



Inoltre, chi mi conosce e mi legge (ovvero Kekko e Niki, che avevo promesso di salutare in mondovisione e quindi CIAO NIKI!) sa che sono solita fare pubblica ammenda prima di scagliarmi contro una categoria subumana, rivelando anticipatamente il plot twist che mi vede(va, nella maggior parte dei casi) parte integrante della categoria prescelta. Tutto ciò per la mia famosa tendenza a prendere le distanze da me stessa, sintomo di grande crescita intellettuale nonché di schizofrenia.

Ammetto, sono stata fan dei Green Day.


Lo sono stata visceralmente.
Portavo la cravattina rossa, mi mettevo l’eyeliner male, catene attaccate ai jeans, chitarra foderata di adesivi e adibita per un numero considerevole di anni alla sola esecuzione della variegatissima discografia della band (quindi, essenzialmente, due accordi), mosaici di poster intersecati tra loro, libri, dvd, biografie non ufficiali con notizie spesso contrastanti (DOV’È LA VERITÀ??), testi imparati a memoria, cd originali tenuti come reliquie e deliri adolescenziali simili.
Sì vabbè, ma avevo tredici anni e niente internet.

Che poi a ventuno anni suonati sia andata sola soletta all’avventura a un concerto dei Green Day giusto per fare un regalo alla mia versione più giovane e punk (non vedendoci, tra l’altro, un cavolo perché sono bassa e quindi per quel che so io possono pure aver fatto partire un cd con un live a caso registrato e aver mosso delle marionette sul palco perché davvero non ho visto NULLA di quel concerto), è un’altra storia.
In ogni caso, non ho mai raggiunto livelli di delirio ossessivo. Non sapevo i compleanni dei membri dei Green Day, né il numero di scarpe, né i nomi di eventuali mogli/figli/nipoti/cani/gatti/pesci rossi, né preferenze in fatto di cibo o altro.
Io amavo la musica dei Green Day, amavo il loro look, amavo la loro grinta e da grande volevo essere una specie di Billie Joe femmina, cazzuta e divertente, in grado di sfornare album su album usando solo due accordi.
Questa fase mi è durata tipo un paio d’anni o giù di lì. Poi io sono cresciuta, i Green Day si sono venduti pure i bulbi piliferi e i poster sono passati dal mio muro al bidone dell’indifferenziata.


Certo è che, nonostante abbia dimenticato come si tiene in mano la chitarra, così come ho scordato tutti i profondissimi testi dei Green Day, una cosa in me è rimasta invariata: il modo perverso in cui subisco il fascino del musicista. E anche qui, occorre una precisazione: non me li vado a cercare col lanternino. Nella quasi totalità dei casi, è stato il Fato a far sì che sulla mia strada si parassero prevalentemente individui in grado di suonare un qualche strumento. Lasciate che i musicisti vengano a me, diceva qualcuno.



Bene, chiusa la parentesi del mea culpa, torno al mio capro espiatorio della giornata.

Quando sei sola a casa e hai presumibilmente l’influenza, l’unica cosa ragionevole da fare è leggere le fanfiction sugli One Direction e quelle (ormai sempre più rare) su Justin Bieber, riflettendo su quanto scellerata sia questa generazione di fangirls (perché, diciamocelo, queste stronzate sono al 90% opera di ragazzine. Perché noi femmine siamo così dolcemente complicate che persino il sacro rituale onanistico necessita di preliminari e quindi non possiamo semplicemente sgrillettarci su una foto di Harry Styles, NO! Dobbiamo prima scrivere un racconto di 120 pagine su una ragazza timida e impacciata incredibilmente ma casualmente del tutto simile a noi stesse medesime che farà innamorare il cantante, che sebbene abbia schiere di condotti vaginali a disposizione sceglierà la nostra protagonista perché lei è l’unica in grado di cambiarlo nonché l’unica a tirarsela perché sebbene sia fragile come una canna di bambù agitata dal vento, lei è una giovane donna forte e indipendente che, inconsapevole della sua bellezza celata da un paio di occhiali a fondo di bottiglia e maglioni oversize, ha un carisma della madonna incoroneta).

Twilight, il capostipite di questa tragica progenie di porcherie


Crescendo, questa tipologia di personaggio straconvinto di avere il vagina power, degenera in groupie, devolvendo la stessa esistenza dei suoi singoli atomi al sostegno smodato di band locali (e spesso sfigate) che seguiranno ossessivamente tra sagre della focaccia e raduni degli amanti del fungo cardoncello, facendo la spola tra palchi e camerini, perché la musica è la loro vita, e il Fallo il loro unico dio. E se poi il fallo appartiene a uno che tiene in mano uno strumento X su un palco, non c’è tanga che tenga. Poco importa se si tratti di un vero palco o di una superficie sopraelevata ricavata da vecchi libri impilati, cassette della frutta o fogli di compensato. È nei boxer di un musicista? Allora va bene.


Siccome il mondo è bello perché è vario e io amo le liste, ecco elencate alcune delle più diffuse tipologie di groupies:

1) Il modello Belieber:
I musicisti sono creature mitologiche infallibili e perfette. Poco importa se hanno stirato 3-4 vecchiette durante il loro primo giro in Ferrari o se producono musica mediocre. La groupie modello Belieber difenderà a spada tratta i suoi beniamini, a prescindere da nefandezze varie ed evasioni fiscali. Di solito, questo tipo di fangirl è molto giovane, caratterizzata da un fervido attivismo da tastiera che la porta a sacrificare la sua giovane età curva su d un MacBook Pro (cit) e che solo in rare occasioni è possibile osservare dal vivo. 



2) Il modello Table Whore:
Normalmente legate da un filo invisibile che le costringe a orbitare a 2-3 metri dalla rockstar paesana di turno, agghindate e imbellettate oltremodo (del resto bisogna pure capirle, i concerti sono le uniche occasioni di vita mondana che hanno), gravitano sculettanti e ammiccanti nei pressi dei tavoli VIPs, sperando in qualche modo di entrare nelle grazie di chi li occupa e scroccare un bicchiere di prosecco corretto con l'antigelo che da solo vale la metà dell'irrisorio budget dell'intera band. Oh, ma vuoi mettere la soddisfazione di bere dallo stesso bicchiere del bassista della cover band dei Ricchi&Poveri?



3) Il modello Dark:
Di solito, è la tipologia più selettiva: niente capelli lunghi lisci e corvini? Niente piercing? Niente tatuaggi? E allora niente groupie darkettona. Questo modello è caratterizzato da un atteggiamento più aggressivo (talvolta senza un reale motivo), ostentatamente malinconico e cinico, che però nasconde un cuore di panna che emerge in tutta la sua sensibilità e scioglievolezza quando partono i Blink-182.



E niente, siete tanto carine e mi fate molta tenerezza. :)