sabato 7 dicembre 2013

l'importanza di scrivere un blog per affermare la propria emancipazione

Quasi dieci anni fa, la bimba-larva che ero iniziava a trasformarsi nella splendida e modesta farfalla che sono oggi.
Come ogni metamorfosi che si rispetti, prima di digievolvermi allo stadio finale ho dovuto passare diversi mesi (diciamo anni, vah) di transizione nel mio bozzolo di bave. La tipica fase dell'adolescenza (collocabile tra ultimo anno di medie e primi tre di superiori) in cui o sei popolare o sei sfigato.
Secondo i miei ormai celebri studi antropologici, se sei gnocca/o alle medie, sei destinato all'inevitabile tracollo. Se sei sfigata/o, hai ancora qualche possibilità di redenzione.
Io ero troppo popolare per essere sfigata, ma anche troppo sfigata per essere popolare. Vivevo in questo limbo di nècarnenèpesce in cui l'unica certezza che avevo era l'amore folle per Billie Joe dei Green Day.
Poi vabbè, avevo il mio ristretto giro di amici e il GameBoy quindi non soffrivo la solitudine. In effetti non so perché questo post stia prendendo questa direzione sociopedagogica, io volevo semplicemente dire che da piccola avevo i brufoli.
Non tanti, non particolarmente grandi, ma quel tanto che bastava a farmi vergognare della mia faccia e a pettinarmi come il Cugino Itt per nasconderla.
Ma non volevo propriamente parlarvi dei miei brufoli, piuttosto dell'ansiamega che mi assaliva ogni mattina quando facevo l'appello e ne trovavo di nuovi.

Ora che sono una bellissima farfalla e non ho più di questi problemi, rivivo la stessa ansiamega quando vedo che, esattamente come brufoli, si moltiplica il numero di blog.

Avete presente la famosa storia del Clementino che nella versione per maschietti fa domande sulla fotosintesi e in quella per femminucce sulle amiche di Barbie?
Ecco, la tendenza è rimasta vagamente la stessa (almeno per noi donne): tutte fescionblogghèr.

-per quanto riguarda i ragazzi, è nato il nauseante trend di aprirsi blog che essenzialmente raccolgono fanfiction dei libri di Fabio Volo e DOSONCRìKK perché cè, anche noi maschi siamo sensibbol e vogliamo trattare le donne come principesse perché cè se lo meritano perché cè guardo la luna e penso alla tua pelle di seta cèèè.-

 Dicevo, fenomeno fescionblogghèr.
Cioè, onestamente io non saprei nemmeno cosa dire esattamente.
Amighe? Ma ci siete?
Cioè, già l'utilità delle vostre capostipiti decisamente più altolocate e fregne è abbastanza discutibile; ma voi che mi scrivete post bilingui -quando a malapena padroneggiate il dialetto più bieco e sgrammaticato del vostro quartiere- in cui mi dite che il look più adatto per comprare due cicorielle al mercato non è completo senza la borsa sfrangiata di Zara e gli anfibi Primadonna che ti segano il tendine d'Achille dopo tre isolati costringendoti a strisciare sulle braccia per tornare a casa, siete davvero così indispensabili?
Perché tu, ChiaraFerragni-wannabe, senti l'esigenza di aprirti un blog per sfoggiare l'ultima gonna a pois di H&M? E' la vana speranza di viaggi/vestiti gratis dalle aziende che ti spinge a ciò o davvero ci credi?

Che poi, chi sono io per giudicare?
Dopotutto qua sopra non scrivo nulla di socialmente utile nè di particolarmente spassoso.
Ma almeno ho la decenza di non spacciarmi per la Serena Van  Der Voodsen del Libertà.


xoxo

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