domenica 19 agosto 2018

le cose che ho imparato facendo un puzzle

Qualche settimana fa, mi è venuto il piccio del puzzle.
O meglio, dei puzzle.
Ne volevo (voglio?) tanti, raffiguranti quadri famosi che mi piacciono. Li volevo (voglio?) appendere nel mio ufficio a imperitura memoria dell'impegno - all'epoca decisamente sottostimato - che ci avrei messo a comporli.
Del resto, pensavo, da piccola risolvevo i puzzle della Disney da 20 pezzi con una destrezza tale da far credere ai miei che fossi una bambina prodigio.
Le cose non possono essere cambiate poi così tanto.
Che sarà mai un puzzle con l'urlo di Munch da 1000 pezzi a 27 anni, rispetto a uno de La Bella e La Bestia da 20 pezzi, a 2 anni?

Povera scema.

Tuttavia, in queste notti insonni passate a bestemmiare questa scelta infelice, con particolare enfasi sul costo spropositato del suddetto puzzle (17 euro, na follia), sono riuscita a ricavare delle fondamentali lezioni di vita. Un po' perché mi piace trovare il senso in ogni cagata che faccio, un po' perché pensare a qualcosa mentre cerco di capire se sto attaccando un pezzo di vialetto nel mezzo del cielo mi ha salvata dalla pazzia.

Ho imparato, dunque, che fare un puzzle è un lavoro di concentrazione, intuito, culo.
Ho imparato che devo iniziare dalla cornice, per avere il quadro iniziale della situazione. Avere dei limiti, dei bordi, dei confini entro i quali costruire il mio disegno.
Ho imparato che, ogni tanto, qualcuno mi aiuterà a comporre un laghetto, o uno stagno, o la faccina del tipo che urla. E ho capito anche, che quel qualcuno in realtà non ha fatto che forzare dei pezzi che gli sembravano combaciare, scombinandomi tutto quanto.
Ho imparato a distruggere e ricomporre, con la consapevolezza, stavolta, che due pezzi che non stanno bene insieme non vanno forzati perché uno dei due potrebbe piegarsi e rovinarsi per sempre.
Non è facile trovare l'esatta sfumatura di colore che cerchi, mentre fai un puzzle. Centinaia di pezzi hanno colori simili tra loro, alcuni talmente tanto da confonderti e gettarti nella frustrazione più nera quando, dopo vari tentativi di incastro, devi gettare via il pezzo prescelto e cercarne un altro, in mezzo a 999 altri che sembrano tutti uguali.
Ho imparato che, ogni tanto, è giusto prendersi delle pause, anche lunghe, per evitare di commettere altri errori causati dallo sfinimento e dallo sconforto.

E soprattutto, ho imparato che il tutto a mille sotto casa mia non vende il picoglass della misura giusta per appendere 'sto cazzo di coso quando l'avrò finito.
Se mai lo finirò.

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